“Sono stato preceduto da un massacro mediatico senza precedenti. Presentato come il peggiore dei cardinali. Una campagna violenta e volgare. Accuse di ogni genere con un’eco mondiale”. Sono queste le prime parole pronunciate questa mattina dal cardinale Angelo Becciu, nel corso di dichiarazioni spontanee al tribunale del Vaticano.

Il processo in cui è coinvolto il prelato sardo riguarda i fondi che dallo Ior e dalla Cei sarebbero finiti a diversi enti facenti capo a parenti e conoscenti dell’ex sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato del Vaticano. Roma, Ozieri, Pattada e Bono sono i luoghi dove sono avvenute le perquisizioni eseguite lo scorso 15 febbraio dalla Guardia di Finanza nei confronti dei destinatari dei fondi e di persone a loro collegate, all’esito di una rogatoria nella Santa Sede.

Com’è noto, il processo è iniziato dall’acquisto del palazzo londinese che sarebbe costato alle casse vaticane almeno 200 milioni di euro. Oggi si è arrivati alla decima udienza, dove il nodo da sciogliere riguarda il segreto pontificio al quale è tenuto monsignor Becciu: sarà Papa Francesco, tramite la Segreteria di Stato, a decidere se toglierlo o meno, dandogli il modo di difendersi apertamente in tribunale sulla vicenda legata a Cecilia Marogna, l’esperta di relazioni internazionali incaricata proprio dalla Segreteria di Stato a fare da tramite per il pagamento dei riscatti dei missionari rapiti in Africa.

In mattinata, però, il presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, si è soffermato su altre questioni, in quanto, a causa del Covid, il promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, non ha potuto presentarsi in aula per interrogarlo. Così si è deciso per le “dichiarazioni spontanee di sua eminenza”.

Per prima cosa Pignatone ha chiesto al cardinale sardo se volesse revocare o meno il segreto pontificio: negativa la risposta di Becciu, che ha voluto confermarlo salvo dichiararsi “disposto ad accettare quello che verrà disposto dall’autorità”, con riferimento al pontefice.

Dopodiché si è passati al bonifico arrivato alla Spes, cooperativa della Caritas di Ozieri, direttamente dal conto corrente personale del cardinale Becciu. La somma è di 100mila euro ed è stata versata nel 2013. “Questo versamento era un prestito o un versamento a fondo perduto?”, chiede Pignatone. Il cardinale ha risposto che in quel periodo era rimasto molto colpito dal progetto umanitario legato alla cooperativa, dove lavorano 16 immigrati e persone socialmente molto fragili. “Dissi loro che facevo un prestito alla Spes. La metà me lo hanno restituito, l’altra metà, invece, ho successivamente deciso di donarlo loro”. Il presidente del tribunale l’ha poi incalzato: “I soldi provenienti dalla segreteria di Stato erano 100mila euro e poi ce ne sono stati altri 25mila euro. Tutti versati con una dicitura particolare: presso la cooperativa Spes. L’accusa afferma che questa dicitura è avvenuta in sprezzo del diritto canonico: rispetto a queste irregolarità formali che possono anche assumere valore sostanziale, lei ne era a conoscenza?”. A questo punto, il cardinale Becciu si è soffermato sulle modalità con cui avvengono i finanziamenti nella Segreteria di Stato. “Arrivano le richieste di un vescovo – ha spiegato il prelato sardo -, o di una comunità o di un laico e in base al rapporto di fiducia, valutavamo e poi aiutavamo, ma si chiedeva un consuntivo a fine gestione. Si trattava di persone che godevano di massima fiducia. Nel caso specifico i 25mila euro ci erano stati richiesti dal vescovo Sanguinetti, di Ozieri. Servivano per ricomprare un panificatore che era stato distrutto in un incendio. Il vescovo mi disse, mandi il denaro sul conto nel quale avevo già inviato gli altri 100 mila euro. Se c’è un fumus di irregolarità è a livello diocesano che si interviene. Noi ci occupavamo della carità”.

Pignatone ha replicato, chiedendo direttamente se Becciu fosse a conoscenza dell’intestazione del conto. “Io avevo il numero di conto. Era della diocesi di Ozieri”, ha risposto il cardinale, precisando che  il fratello che gestisce la cooperativa ha fatto per tutta la vita l’insegnante di religione. Fu nominato nel 2005, per dieci anni ha lavorato a titolo gratuito, eccezion fatta dal 2015 al 2016, quando gli fu dato l’equivalente dell’insegnamento, e cioè 1800 euro. “Tutto il suo tempo è dedicato a loro, ai migranti. Con grande generosità. Davanti a tanta dedizione di mio fratello io divento rosso”, ha dichiarato Becciu.

Il presidente del tribunale prosegue con l’altra somma contestata, da 100mila euro. Becciu ha risposto dicendo che in quel periodo il vescovo Melis era appena stato nominato vescovo di Ozieri e voleva realizzare la cittadella della carità: un luogo di ritrovo per anziani e mensa per poveri. Il progetto, nel complesso, ammontava di 1 milione e 300 mila euro, così chiese al cardinale fondi e aiuti. “Non gli risposi nulla in quel momento – afferma Becciu -. Rientrato in ufficio, parlando con i miei collaboratori, considerando che ogni anno distribuivamo in vari enti, un quantitativo di sussidi, vidi che c’era la disponibilità di 100mila euro. Ho pensato che fossero utili per il progetto del vescovo e gli mandai questa somma che non è stata spesa. Il vescovo mi ha detto che quella somma non è mai stata toccata, in attesa della somma completa. Solo il 28 febbraio di quest’anno sono iniziati i lavori per fare questa casa”.

La terza domanda di Pignatone riguarda il prestito fatto alla Spes a Maria Luisa Zambrano, un’amica di famiglia che non sapeva del prestito. “L’ho saputo dopo”, ha dichiarato Becciu.

I legali del cardinale sardo, Marica Concetta e Fabio Viglione, hanno confermato che lo stesso ha dimostrato in aula “con la forza dell’assoluta evidenza, il corretto impiego delle somme gestite dalla Segreteria di Stato, con finalità uniche ed esclusive di carità”.

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