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Anche la Regione Sarda ha partecipato ieri alla cerimonia che si è svolta a Livorno, per commemorare le 140 vittime, 26 sarde, della tragedia del Moby Prince, avvenuta la notte del 10 aprile 1991 davanti al porto di Livorno dopo lo scontro del traghetto con una petroliera. A guidare la delegazione e il gonfalone della Sardegna l’assessore Quirico Sanna in rappresentanza del Presidente Christian Solinas.

Come ogni anno ieri i familiari delle vittime della strage del Moby Prince si sono ritrovati per raccogliersi nel dolore e ricordare quel capitolo ancora pieno di nebbia della storia della marineria italiana. Un dolore dei familiari, ma anche di tanti cittadini che a vario titolo hanno partecipato per non dimenticare quel tragico 10 aprile 1991, quando il traghetto Moby Prince entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno. Un disastro che ha annientato la vita di 140 persone e distrutto quella di 140 famiglie che da trent’anni chiedono di sapere cosa è successo veramente.

“Non dimenticare serve a mantenere accesa la memoria storica ed a combattere per la verità e giustizia – scrivono in una nota Luchino Chessa, Presidente Associazione 10 Aprile-Familiari Vittime Moby Prince, e Nicola Rosetti, Presidente Associazione 140 Familiari vittime Moby Prince – È un momento difficile, stiamo uscendo da due anni di pandemia che ha mietuto oltre 160.000 vittime ed abbiamo alle porte una guerra a rischio di diventare globale, in cui non si contano più i morti. La strage de del Moby Prince ha avuto solo 140 vittime, ma sono 140 persone, madri, padri, figli, fratelli e sorelle, strappate tragicamente ai loro familiari, senza un perché, senza un colpevole”.

La strage del Moby Prince è passata nella memoria collettiva come un banale incidente: la collisione tra un traghetto e una petroliera per una nebbia improvvisa grazie a un comandante distratto. Buio, nebbia, errore umano sono state le prime parole pronunciate da varie autorità. La distrazione per la partita di calcio Barcellona Juventus è stata buttata nel tritacarne dei mass media allo scopo di infangare ancora di più le acque. Anni di manomissioni, depistaggi, omissioni, prese in giro, di rimestamento in una melma putrida di verità preconfezionate, create ad arte per nascondere qualcosa che quella notte maledetta non doveva emergere.

Ci sono voluti quasi ventisette anni perché la prima Commissione parlamentare di inchiesta ribaltasse le verità processuali del passato. “Altro che nebbia, altro che distrazione del comando del traghetto, altro che morte repentina dei nostri cari – scrivono Chessa e Rosetti – Le verità scaturite dalla prima commissione fanno ancora più male perché hanno messo in evidenza la assoluta mancanza di soccorsi e una vita a bordo del traghetto di ore, atroci ore di sofferenza. Ora tutto cambia, ma alcuni tasselli dell’intricato puzzle mancano ancora. Siamo fiduciosi del lavoro che sta portando avanti la nuova Commissione Parlamentare di Inchiesta istituita il 21 maggio 2021 e presieduta dall’Onorevole Andrea Romano. Vorremmo sapere a che punto sono le indagini che la Procura di Livorno e la DDA della Procura di Firenze, che stanno indagando nel più totale riserbo, mentre attendiamo la sentenza della causa civile della Corte di Appello del Tribunale di Firenze che dovrà esprimersi dopo l’8 maggio. Non sappiamo se avremo veramente giustizia, ma almeno vorremmo avere una verità appagante”.

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