Son passati tre anni dalle ultime elezioni regionali, quando Massimo Zedda, dopo due mandati da sindaco di Cagliari, è arrivato secondo con il 32,9% delle preferenze espresse dagli elettori sardi contro il 47,78% della coalizione guidata da Christian Solinas, che ha portato a casa il risultato. Da quel giorno, l’ex primo cittadino cagliaritano siede tra le fila dell’opposizione in Consiglio regionale come presidente dei Progressisti, sempre attento alle mosse della maggioranza, che commenta abitualmente anche sui suoi social.

Oggi a partire dalle 18, al Centro congressi del Caesar’s Hotel di Cagliari, aprirà l’iniziativa pubblica “Dal disastro alla Rinascita. Il governo di domani nasce dall’opposizione di oggi”, su presente e futuro della Sardegna. Accanto a lui, oltre agli esponenti del suo gruppo politico, ci saranno anche Gianfranco Ganau (PD), Eugenio Lai (Liberi e Uguali) e Desirè Manca (Movimento 5 Stelle). Un’occasione di confronto tra i rappresentanti dell’opposizione regionale sui temi centrali che l’Isola dovrà affrontare nell’immediato e quelli, invece, a lungo termine: sanità, continuità territoriale ed energia, tra gli altri.

Nell’incontro di oggi oltre al partito dei Progressisti, di cui lei è presidente, ci saranno anche il PD, Liberi e Uguali e il Movimento 5 Stelle. Cos’hanno in comune questi gruppi?

Intanto alle scorse elezioni regionali si presentò il centrodestra, il centrosinistra, una parte di indipendentisti e autonomisti, un’altra parte con Andrea Murgia, più il Movimento 5 Stelle. Una scomposizione del quadro politico a fronte di un avversario che si presentava unito, a parte la candidatura di Mauro Pili. Nel corso dei tre anni di opposizione, mese dopo mese, abbiamo sempre più attivato una collaborazione, sia con le forze politiche in Consiglio regionale, sia all’esterno, tanto da trovare una sintonia su alcune questioni di fondo. In particolar modo, stando all’opposizione, abbiamo condiviso la posizione di giudizio negativo del disastro del governo del presidente Solinas e del centrodestra. Cosa che addirittura viene percepita da una parte del centrodestra. L’iniziativa di oggi vuole presentare la rinascita, che compete all’opposizione regionale e a tutte le forze politiche che hanno a cuore il bene della Sardegna e dei sardi.

Quali sono a suo avviso i punti cruciali che hanno portato a questo “disastro”?

Fin da subito il presidente della Regione ha dichiarato che avrebbe governato utilizzando il Manuale Cencelli. Ricordo intanto che Cencelli era un iscritto alla P2, un’associazione che è stata messa sotto accusa per alterazione dello stato democratico e tentativi sistematici di distruzione delle norme, delle leggi e della democrazia nel nostro Paese. Il Manuale Cencelli è la spartizione pura del potere, questo ha scatenato una serie di appetiti, tant’è vero che ogni giorno propongono una legge per moltiplicare le poltrone perché avendo lui, il presidente per primo, dichiarato che quella sarebbe stata la stella dei naviganti, la rotta da seguire, c’è l’arrembaggio alla ‘nave Regione’ per prendere tutti i posti possibili. Su questo noi ci troviamo d’accordo. Gli elementi di fondo sono che invece di occuparsi dei temi, si sono occupati della spartizione delle poltrone. Appena dopo l’elezione non hanno lavorato alla continuità territoriale, che era in scadenza e oggi vediamo le conseguenze di questo disastro, per non aver presentato un bando, non aver dialogato con l’Europa, non aver chiesto aiuto per essere affiancati dallo Stato nella discussione con l’Europa per quanto riguarda i trasporti via mare e via cielo a prezzi agevolati e abbordabili, non solo per i residenti. E il caro prezzi anche legato al trasporto delle merci. Invece che occuparsi della pianificazione strategica e poi progettuale, quindi pianificare idee di sviluppo e affiancare a queste momenti di discussione ed elaborazione di una progettualità per quanto riguarda il finanziamento dell’Unione europea sulla programmazione 2021-2027, hanno messo mano a una riforma della sanità in piena pandemia. Hanno messo in fibrillazione il sistema sanitario addirittura con nomine di direttori amministrativi e direttori sanitari di tre mesi in tre mesi, quindi la precarietà nella sanità nel momento in cui le persone chiedevano certezza e bisogno immediato di aiuto dal punto di vista dell’assistenza. Siamo l’unico caso nel pianeta che durante una pandemia invece di pensare ad assistere e curare le persone, metterle in sicurezza, hanno pensato a destabilizzare e smantellare il sistema. Che cos’era la riforma? La moltiplicazione delle poltrone.

A proposito di riforma sanitaria, diciamo che anche quella dell’ex assessore Luigi Arru non era piaciuta tanto. Lei che idea ha di sanità? Che riforma presenterebbe?

Sì io avevo criticato anche quella. La riforma sanitaria non può partire dai contenitori, gli ospedali, deve partire dal contenuto: da quale assistenza e da quale livello di qualità di sanità vogliamo dare alle cittadine e ai cittadini. Questo riguarda l’immediatezza. La Giunta ha commesso un grave errore nel non portare avanti i concorsi nel 2019, li hanno bloccati. Non dico che avremmo risolto tutti i problemi, perché la pandemia ha travolto stati e regioni a livello globale, ma se avessimo avuto quei concorsi, quindi l’assunzione del personale in quel periodo, nel 2020 avremmo avuto già una dotazione di personale, infermieri e medici, per arginare alcuni problemi che ci sono stati. L’altro aspetto è che la riforma sanitaria deve partire dalla vita delle persone: l’obiettivo è potenziare l’aspetto del sociale perché il fine è avere un malato in meno, far ammalare meno persone, perché abbiamo un sistema di non assistenza continua, non educazione alla vita sana, non attenzione immediata alle patologie che si manifestano fin da bambini, e la sottovalutazione del fatto che tutti questi aspetti poi incidono sulla spesa sanitaria, che in Sardegna è la metà del bilancio della Regione. Poi bisogna dare la possibilità anche alle persone anziane che vivono in tante realtà, sia in città che in centri più piccoli, di avere case della sanità, poliambulatori, in modo tale da avere una sicurezza nel vivere in quei luoghi. Questo sistema va attivato partendo dal territorio e proseguendo con il potenziamento delle altre specializzazioni per alcune patologie che in Sardegna si manifestano in modo più grave, anche numericamente, rispetto ad altre regioni. L’educazione alla vita sana: quando ho governato Cagliari, noi e Bolzano eravamo le uniche due città in Italia a garantire il cento per cento di pasti nelle mense scolastiche presenti all’interno dei presidi, non catering, non consegne di pasto non lavorato e cucinato in loco. Questo determina l’aiuto per l’eliminazione di alcune patologie date dalla cattiva alimentazione dei bambini? Penso all’obesità infantile, che poi determina un costo inimmaginabile. Io penso di sì. Non c’è un finanziamento in questa direzione, per fare solo un esempio.

Vorrei un attimo tornare indietro su questa “rinascita” del centrosinistra. In Sardegna, ci sono diversi casi in cui il PD si è presentato alle elezioni con il Psd’Az, che oggi è in maggioranza in Consiglio regionale: a Carbonia, dove nell’ottobre 2021 ha ottenuto anche la vittoria del candidato sindaco Pietro Morittu, e a Selargius per le elezioni del prossimo 12 giugno. Come si fa quindi concretamente a mettere insieme tutte queste forze politiche?

Intanto non è che si debbano mettere insieme tutte queste forze. Quello di oggi è un passaggio sul come fare l’opposizione e passare dalla protesta alla proposta, e quindi dal disastro del presidente Solinas alla rinascita della nostra Regione, governata da noi possibilmente. Il passaggio successivo sarà con chi: ma chi ci sta sui temi, non perché così numericamente vinciamo. Chi ci sta nel lavoro quotidiano, futuro, per elaborare strategie e progetti utili per la Sardegna e il suo sviluppo. Con tutti? Posso esprimere le mie opinioni, viste le azioni che ho intrapreso da sindaco: siccome ho sbattuto fuori il Psd’Az dalla Giunta del Comune, penso che non si possa accusare almeno noi Progressisti di essere coloro che tendono una mano a Solinas. Dubito fortemente che altri possano pensare questo. Il caso di Carbonia oltretutto è un caso molto particolare, con il consigliere regionale che è del Psd’Az ma che comunque non è uno esattamente organico e a Carbonia ha sempre votato per il centrosinistra. Però in linea di massima non si può pensare di fare l’opposizione a Solinas pensando che la coalizione futura possa essere col suo partito. O il Psd’Az cambia veste, forma, vestiti, comportamenti e allontana le cattive pratiche – cosa che non credo sia dietro l’angolo – oppure credo che sia impossibile presentarsi agli elettori dicendo noi siamo meglio degli altri, ma gli altri governano con noi.

Oggi è tornato di attualità il tema delle armi con la questione dell’Ucraina. La Sardegna è la prima regione in Italia per servitù militari e inoltre c’è anche il caso della fabbrica di Domusnovas che produce bombe che poi vengono utilizzate in guerra. Lei si è sempre opposto alla presenza militare sull’Isola, ma non crede che in un contesto come questo, averla sia inevitabile?

Dipende da che tipo di presenza. Noi abbiamo una presenza che per le servitù militari è molto visibile. Ora, o è una battaglia di principio, una battaglia giusta, e diciamo ‘no alle servitù militari’, oppure possiamo portare avanti una battaglia più forte accompagnandola a progetti di sviluppo alternativi per quelle zone. Non è colpa della Regione Sardegna ma l’esempio della Maddalena è un esempio calzante: è vero che lì lo sgarbo e il tradimento lo fece Berlusconi, nel senso che noi avevamo un progetto sul G8 con il centrosinistra e il presidente Soru, e Berlusconi da un giorno all’altro ha deciso di spostarlo all’Aquila. È sempre colpa loro, mettiamola così. Ma è anche vero che su Cagliari città e in altre zone della Sardegna ci sono già servitù militari che sono passate in capo alla Regione, basti pensare al serbatoio dei carburanti dell’Aeronautica sotto Monte Urpinu che è in mano regionale dal 2007, e dopo quindici anni non c’è nessun tipo di sviluppo e nessuna idea.

C’era stata la proposta del consigliere Marcello Polastri che voleva riaprirlo al pubblico con visite guidate e magari farci anche un museo.

Sì gli suggerirei, prima di proporre un museo, di pensare a cosa metterci dentro. Perché i musei nascono in funzione delle opere che uno vuol mettere dentro, non il contrario. C’è un problema legato al fatto che abbiamo spazi museali che possono essere riutilizzati anche per mostre temporanee, basti pensare al carcere di Buoncammino, o tanti altri edifici, ci sarebbe un’elencazione lunghissima da fare. È chiaro che a quel punto se non si dimostra di essere in grado di gestire i beni che abbiamo ottenuto dai militari, i militari non cederanno altri beni. L’altro aspetto sono le fabbriche d’armi: io preferisco fabbriche di altro tipo, che non inquinino, che non producano oggetti di morte, che siano al servizio della comunità nel realizzare oggetti o erogare servizi a beneficio delle cittadine e cittadini e non per uccidere. Tra l’altro la fabbrica di Domusnovas è in mano a una società, la Rheinmetall, che produce batterie, per cui perché non interloquire e dire guarda non produrre più armi, perché noi vogliamo un’isola di pace, e l’isola di pace parte dall’eliminazione di ciò che serve per fare la guerra. Siccome questa potrebbe diventare anche una riconversione industriale che potrebbe essere finanziata con fondi europei, perché non attivarla in modo che si possa lavorare anche sulla sperimentazione di veicoli elettrici? Alcuni lo potrebbero definire utopico, però non può essere nemmeno che risolva tutto Papa Francesco.

La Sardegna rischia di diventare anche “servitù energetica”. Sono tante le associazioni ambientaliste che si dicono molto preoccupate rispetto ai progetti in via di definizione e in alcuni casi di approvazione. Oltretutto i politici sono divisi anche sulle fonti di sviluppo energetico: c’è chi vorrebbe il fotovoltaico, altri l’eolico, altri ancora la dorsale del metano. Qual è la strada più adatta per il nostro territorio?

Per prima cosa bisogna partire da una questione: l’energia prodotta con vento, sole e acqua – perché c’è anche l’idroelettrico -, dev’essere affidata a un privato o dev’essere gestita dal pubblico? Iniziamo da questo aspetto. Se siamo d’accordo su questo, iniziamo a ragionare su che cosa ci serve: l’idroelettrico in Sardegna viene utilizzato per il due per cento. La fonte più efficiente di energia, meno impattante dal punto di vista dell’inquinamento per la sua produzione, e meno visibile perché le turbine sono all’interno delle vie che già esistono, seppur andrebbero riammodernate. Quell’energia e la sua produzione non altera il paesaggio. L’altro aspetto è che noi già produciamo energia sufficiente per la Sardegna, il problema è che la produciamo in una maniera inquinante perché abbiamo ancora l’utilizzo del carbone, del gas, e via dicendo. Ora, il gas dev’essere inteso soltanto ed esclusivamente come una fase di transizione per la cosiddetta transizione ecologica, ma l’obiettivo è che debba sparire perché anch’esso è una fonte fossile così come il carbone. Ma dev’essere fatto con un progetto strategico, seguendo i passi giusti, non andando a passi giusti ma veloci, in modo tale che si possa avere una garanzia di produzione di energia che non inquina l’ambiente. Un altro elemento è: possiamo ragionare sulle comunità energetiche nei nostri paesi, cioè la piccola produzione a servizio di quelle località? Possiamo ragionare del piccolo fotovoltaico ed eolico al servizio delle imprese agricole e così via? Possiamo ragionare anche sul fatto che forse è uno spreco che Abbanoa lavori l’acqua e il 70 per cento di quella potabile sia erogata per l’agro? Non abbiamo i sistemi di riuso e riutilizzo delle acque ma usiamo l’acqua potabile per innaffiare le campagne, mentre il 3 per cento viene utilizzato per l’industria e il 23 per cento per le abitazioni, i ristoranti e altre attività di questo tipo. È pensabile poi che più della metà, circa il 55 per cento, venga perso nelle condotte colabrodo?

Si vocifera che intende ricandidarsi a sindaco di Cagliari. Se sì, ha già in mente la sua nuova coalizione?

A dire il vero non ho dichiarato niente in questa direzione, è vero che mi fermano per strada in continuazione. Ma non la politica, le cittadine e i cittadini di Cagliari. A Sant’Efisio, quando vado al supermercato, nelle botteghe, quando passeggio per strada. Non so quanto sia merito dei miei due mandati da sindaco o quanto demerito di chi amministra oggi la città.

Che giudizio ha di questa amministrazione comunale? Il centrosinistra è stato “bastonato” per la raccolta differenziata col sistema del porta a porta.

Be lì loro non hanno governato il sistema. Noi siamo partiti subito nel senso che non abbiamo avuto neanche il tempo di correggerlo, ma il sistema prevedeva delle correzioni: se ti accorgi che una cosa non sta andando bene come avresti voluto, la correggi. Hanno un po’ questo atteggiamento: quando fanno una cosa, dicono che è loro, se avvertono che i cittadini protestano dicono che è della Giunta precedente. Ma questa cosa non funziona più, intanto perché dopo tre anni di mandato dire che è della Giunta precedente vuol dire che tu non hai fatto nulla. Per il resto si può chiedere direttamente ai cittadini cosa ne pensino.

Si sta ribaltando anche un po’ la Giunta comunale. C’è stato da poco uno “screzio” con i Riformatori e l’Udc.

Be non è che io solo vada in giro per strada e venga fermato dalle persone. È chiaro che abbia una visibilità maggiore per aver svolto due mandati da sindaco della città, ma è anche vero che molti di loro son stati votati, in Consiglio comunale, e c’è una forte preoccupazione perché anche la maggioranza riceve ogni giorno messaggi negativi da parte delle cittadine e cittadini cagliaritani circa il governo della città.

Ha abbandonato l’idea della Presidenza della Regione?

Io mi son sempre messo a disposizione rispetto a quello che mi è stato chiesto di fare. Quando mi hanno chiesto di candidarmi ci ho sempre riflettuto, pensato e poi ho accettato. Non ho mai imposto la mia candidatura da nessuna parte e così accadrà anche in futuro. È prematuro parlare di candidature oggi, mi interessa molto di più il progetto politico e il programma per governare le città, la Regione e lo Stato, perché mi auguro che non sia governato da una coalizione come quella attuale ma da forze progressiste e democratiche.

A proposito di questo, lo scorso febbraio sul “Manifesto” è stato annunciato un progetto politico di “confederalismo democratico”, sottoscritto da lei e altri esponenti di vari municipi italiani. Cosa si intende?

È una democrazia socialmente utile, mettiamola così. Durante l’ottobre 2019, poco dopo le elezioni regionali, ci siamo sentiti con tanti altri esponenti politici anche della Penisola per cercare di costruire una rete di tante persone che non hanno punti di riferimento politici, e che non sono iscritti a formazioni politiche. Poi la pandemia ci ha bloccato per due anni, e non aveva senso organizzare un progetto di quel tipo online. Abbiamo fatto anche una serie di incontri, tra gli altri con Federico Pizza rotti, Nicola Fratoianni, Massimiliano Smeriglio, consiglieri di Napoli, di Bologna, sindaci della Calabria, della Sicilia, di Milano. Tutte persone che votano il centrosinistra, si candidano nel centrosinistra, ma non sono iscritte a nessuna organizzazione politica. Ora, quello che vorremmo fare è mettere insieme tutti coloro che sono delusi o non si riconoscono nelle forze politiche esistenti nel tentativo di costruire una rete, un sistema di relazioni che porti al buon governo della Sardegna e delle nostre città.

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