Lo scorso marzo, in seguito alle dichiarazioni del Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, era stata aperta un’inchiesta riguardo l’aumento spropositato dei prezzi di carburante e materie prime in Sardegna. Il rappresentante dell’esecutivo aveva definito una “colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini” l’impennata di benzina e gasolio così come quella della pasta a Cagliari: proprio in quei giorni, nel capoluogo sardo si registrava il record a livello nazionale.

Le ipotesi di reato, quindi, sono rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato e manovre speculative su merci.

Nei mesi scorsi la Guardia di Finanza ha dato il via a decine di controlli nei supermercati principali di Cagliari e hinterland, acquisendo tutti i documenti utili a verificare il tragitto seguito dalle merci: dalla produzione alla partenza e destinazione finale, in modo da poter ricostruire l’aumento del prezzo.

I fascicoli son stati consegnati alla Procura. Le indagini, però, non sono riuscite a dimostrare l’esistenza di una manovra illecita e preordinata. Per questo i giudici sono in attesa di una seconda informativa, dopodiché si deciderà come proseguire.

Il punto è che per i generi alimentari non esiste un parametro certo di riferimento su cui calcolare le differenze tra i prezzi dei diversi punti vendita e valutare così un’eventuale incongruità. Di chi sarebbe la responsabilità, del titolare dell’esercizio commerciale o di chi sta alla distribuzione?

Stesso discorso vale per benzina e diesel, in quanto a stabilire il prezzo sono le grandi compagnie, quindi anche in questo caso bisognerebbe andare a ritroso seguendo le tappe del viaggio della merce: tralasciando il tragitto, che ha di per sé un costo – specie ora che si è fatto più lungo per via della guerra in Ucraina -, si dovrebbe risalire alla nave utilizzata e i costi di raffinazione. Un compito non semplice, e che con buona probabilità richiederà del tempo prima di arrivare al verdetto finale.

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