A Cagliari, si sa, tutti ormai vanno pazzi per il padel. Gli impianti sono spuntati come funghi. Vetuste strutture dedicate all’antico “calcetto”, sport ormai praticato soltanto da stagionati e inossidabili boomers, sono state riconvertite allo sport del momento. E i giocatori, muniti di racchette rigorosamente in carbonio, lamentano il fatto di non riuscire neppure a prenotare un campo. Persino sotto il sole di questa caldissima fine primavera è possibile trovare all’interno dei box di plexiglass inossidabili e coraggiosissimi giocatori che sfidano la torrida arsura calcando i campi di via Newton, o quelli a due passi dal Parco Nervi.

Eppure, su questa torma di volonterosi sportivi, che hanno caparbiamente intrapreso una carriera nel padel senza magari aver mai preso in mano una racchetta da tennis, è arrivato come un fulmine a ciel sereno lo stigma impietoso di Nicola Pietrangeli.

Il più forte tennista italiano di tutti i tempi, ex numero tre del circuito mondiale, ha decretato il suo giudizio insindacabile. Tranchant. Imprendibile. Come una battuta a cento all’ora, o uno smash sotto rete, o una volée all’incrocio delle righe.

“Il padel è il trionfo delle pippe”, ha detto ieri l’ex campione, intervistato a L’Estate in diretta, su Rai1. Poi, dopo aver assestato il passante lungolinea, Pietrangeli ha ritrattato, spiegando che la sua voleva essere soltanto una battuta. Non in senso tennistico, ovviamente. Anzi. Voleva essere persino un complimento per questo sport giovane, che va per la maggiore. “E’ un gioco che permette a tutti di divertirsi – ha aggiunto, smorzando la pallina con un tocco ad effetto -. Chi gioca male a padel si diverte di più di un tennista scarso, che non tocca mai la palla. Qui le distanze sono più brevi, è tutto più facile”.

Insomma: Pietrangeli-Padel: 6-0-6-0. Gioco, partita, incontro.

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