A Monte Urpinu c’era una reggia nuragica grande come quella di Barumini, forse anche più grande. Ne è convinto l’archeologo di vasta esperienza Giovanni Ugas, allievo prediletto di Giovanni Lilliu, nonché docente di Preistoria e Protostoria all’Università di Cagliari. La notizia era stata data a gennaio, quando il professore aveva confermato la presenza di una vasta area archeologica sotto quello che oggi è uno dei parchi più frequentati in città.

Secondo il professor Ugas, sarebbe ancora possibile intravedere la cortina muraria della fortezza nuragica risalente alla seconda metà del XIV secolo a.C., formata da due fila parallele di grandi massi in calcare, e in mezzo il riempimento di piccole pietre legate con argilla, proprio alla tipica maniera nuragica. Più giù, invece, sarebbero ancora presenti i resti murari di quella che poteva essere la cinta turrita esterna, cosiddetta antemurale. Per Ugas non c’è alcun dubbio: i resti sono quelli di un grande nuraghe, più grande anche di quello di Barumini.

Il muro del nuraghe di Monte Urpinu, infatti, secondo il noto archeologo è lungo 22 metri, mentre nella reggia situata in Marmilla, non va oltre i 15 metri.

A confermare il tutto, la presenza delle grotte e domus de janas di San Bartolomeo e Sant’Elia, e le tombe a forno eneolitiche di Monte Claro, oltre ai resti della città in età punica e romana e medievale, che attesterebbe il ruolo centrale di Cagliari nel panorama sardo della storia antica.

D’altra parte, c’è chi obietta che dalla parte che si affaccia su Molentargius, non ci sarebbe lo spazio necessario per contenere la vasta area di cui parla Ugas. Ma il professore non si lascia intimidire e spiega che dove sorge il nuraghe c’è stata un’attività di cava per un periodo di tempo importante, da accertare con un approfondito studio geologico e morfologico, che ha sbancato la gran parte della sommità della roccia calcarea naturale che doveva formare una sorta di pianoro. Così si è persp gran parte di quel che restava del nuraghe.

Le teorie, si sa, possono essere affascinanti e suggestive, ma c’è soltanto un modo per confermarle o meno: iniziare una campagna di scavi per guardare a fondo e riportare alla luce un altro pezzo di storia della nostra città.

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