La Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica non aderisce alla manifestazione indetta dai sindacati Cgil, Cisl e Uil del 22 ottobre in quanto non condivide le soluzioni proposte per il superamento della crisi della sanità pubblica sarda. 

La Rete Sarda ribadisce, per voce della responsabile Claudia Zuncheddu, che in Sardegna l’interruzione delle attività di prevenzione e l’inaccessibilità alle cure sia per i malati cronici che per gli acuti, impone un ripristino urgente del sistema sanitario pubblico, dalla Medicina di base agli ospedali pubblici, ai servizi sanitari territoriali. Interventi che non possono prescindere dalla soluzione della grave carenza del personale sanitario.

Contrariamente ai sindacati, che sollecitano “la verifica del Piano di edilizia sanitaria e sviluppo delle nuove strutture sul territorio rispetto al piano della Regione con attuazione e utilizzo dei fondi del PNRR e di tutte le risorse disponibili”, la Rete Sarda denuncia la preoccupazione che gli ingenti fondi in arrivo dall’Europa con il Pnrr, se non utilizzati in modo corretto, non solo non risponderanno ai bisogni sanitari dei cittadini, ma determineranno un forte indebitamento per le future generazioni.

Dalle politiche sanitarie legate al Pnrr, centrate sulla sanità territoriale, non trapelano novità se non peggiorative. I capitoli di investimento previsti sono esclusivamente in “infrastrutture e innovazione tecnologica”. Nessun capitolo è previsto per il problema della carenza di personale sanitario, benché prioritario.

Medici e sindacati-medici sono sul piede di guerra contro le infrastrutture da destinare a Case di Comunità: “strutture intermedie tra l’assistenza domiciliare e quella ospedaliera”, senza considerare che i medici di medicina generale e i pediatri, già carenti nei territori, non potranno garantire la presenza nelle Case di Comunità. D’altra parte con lo smantellamento in corso degli ospedali pubblici, Case di Comunità e Ospedali di comunità, gestiti da infermieri, operatori socio-sanitari e amministrativi, quindi, “strutture non di cura”, non possono essere considerati strutture intermedie ma potrebbero essere il capolinea del sistema sanitario pubblico.

Il PNRR per la Sanità sarda prevede 32,7 milioni di investimento, mentre è di 7,5 milioni il cofinanziamento regionale da investire unicamente in infrastrutture e innovazione tecnologica. Fondi importanti se fossero destinati al personale sanitario e agli ospedali pubblici in fase di smantellamento, ma così non è.

Ad accrescere le preoccupazioni è l’annunciata riduzione degli investimenti in Sanità per i prossimi tre anni.

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