La Procura di Cagliari, con il sostituto Emanuele Secci, ha aperto un’inchiesta per naufragio e omicidio colposo dopo il salvataggio di sette migranti, sei uomini e una donna, avvenuto nella notte di sabato scorso a 50 miglia da Sant’Antioco, nel sud Sardegna.
Sul barchino partito il 9 novembre dal porto algerino di Skikda, circa 100 km a ovest da Annaba, erano saliti in 13: uno di loro è morto durante il viaggio, altri sei sono tuttora dispersi.
A raccontarlo sono stati i superstiti sentiti dalle forze dell’ordine dopo essere tratti in salvo in Sardegna.
I migranti, tutti tra i 20 e i 40 anni, erano a bordo di una piccola imbarcazione alla deriva nel mare molto agitato, senza cibo né acqua. Ad avvistarli è stato il cargo Christina B, battente bandiera liberiana, che da Istanbul stava procedendo a sud della Sardegna verso il porto spagnolo di Tarragona. Una volta accostatasi per soccorrere i migranti, gli stessi si sono gettati in mare: attimi di concitazione nei quali il barchino si è rovesciato ed è stato inghiottito dalle onde. Alcuni sono riusciti a salvarsi, la metà invece risulta ancora dispersa.
Le testimonianze sono state raccolte dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Cagliari, guidati dal dirigente Fabrizio Mustaro, e dagli agenti del Commissariato di Carbonia.
In mare, per il salvataggio dei migranti, è intervenuta la Guardia Costiera di Sant’Antioco sotto il coordinamento del comando generale di Roma.
Le ricerche dei dispersi invece sono condotte da un Atr 72 della Guardia di Finanza che in queste ore sta effettuando una perlustrazione sul tratto di mare tra Algeria e Sardegna, rotta privilegiata per gli sbarchi diretti.
I sette superstiti si trovano ora nel centro di prima accoglienza di Monastir, mentre la Polizia sta procedendo con le indagini per ricostruire tutti i dettagli del naufragio.
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