Si è spento all’età di 67 anni Roberto Maroni, segretario federale della Lega Nord dal 1º luglio 2012 al 15 dicembre 2013. Il messaggio è arrivato direttamente dai familiari con un post sui social: “Questa notte alle ore 4 il nostro caro Bobo ci ha lasciati. A chi gli chiedeva come stava, anche negli ultimi istanti, ha sempre risposto: ‘Bene’. Eri così Bobo, un inguaribile ottimista. Sei stato un grande marito, padre e amico”. 

Già ministro dell’Interno nei governi Berlusconi I e IV, è stato il primo politico esterno alla DC a ricoprire l’incarico nella storia repubblicana. Fu eletto anche ministro del Lavoro nei governi Berlusconi II e III. È stato presidente della Regione Lombardia dal 2013 al 2018.

L’esponente leghista seppe mostrare il suo “fiuto” per la politica, anche in occasione della terza festa della Lega Nord Sardinia. Era il 2012 e Roberto Maroni si trovava in vacanza nell’Isola. A proposito dell’indipendentismo aveva dichiarato: “Dalla Sardegna, terra di una grande tradizione indipendentista, deve partire un segnale forte per tutta l’Europa. Vogliamo che attorno alla Lega si si uniscano tutti i movimenti che condividano le nostre aspirazioni”.

Precisamente, l’idea del segretario federale era quella di “un movimento autonomo che, guidato dall’esperienza leghista e confederato con Lega Nord sappia proiettarsi nella dimensione europea, luogo reale per l’ottenimento di una zona franca in grado di catalizzare l’economia in un punto strategico del Mediterraneo, ancor meglio se in alleanza con la Corsica, che promuove le medesime rivendicazioni su Parigi, che noi”.

Niente a che vedere quindi con gli slogan deliranti del collega Mario Borghezio, che nello stesso anno, già europarlamentare, propose la sua personalissima soluzione alla crisi economica: “Fossi al posto del premier Monti – disse l’esponente leghista ospite di un talk show di Klaus Davi su Youtube – venderei la Sicilia agli Usa o a qualche pool di miliardari russi o americani. Metterei sul mercato anche Napoli e la Sardegna”.

Quella di Maroni era una visione politica ben precisa, fuori dagli schemi per l’epoca, che è stata colta, quasi dieci anni dopo, dall’odierno leader della Lega Matteo Salvini. Nel 2018 è stato siglato il “patto” tra il Partito sardo d’Azione, guidato da Christian Solinas, e il partito leghista. Patto che ha portato i sardisti al governo della Regione Sardegna con il 47,78% delle preferenze dei votanti, di cui l’11,40% sono andati alla Lega Salvini Sardegna e il 9,86% al gruppo sardista.

Oggi l’accordo è in bilico, dopo le ultime elezioni politiche, quando il leader della Lega ha chiesto anima e corpo al presidente Solinas: l’unico collegio disponibile, infatti, non è andato al Psd’Az e il capolista al proporzionale per la Camera è stato tenuto libero per un leghista.

Resta, però, l’intuito vincente dell’istanza indipendentista che, ancora oggi, smuove gli animi di un gruppo rilevante di giovani, e meno giovani, in Sardegna.

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