In Italia più di un adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni presenta un disturbo mentale diagnosticato: l’ansia e la depressione coinvolgono oltre la metà dei casi e i tentativi di suicidio e i disturbi alimentari sono seconda causa di morte tra gli adolescenti.

I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, già  considerati un’epidemia sociale in epoca pre-covid, sono aumentati del 40% in questi ultimi anni. Secondo l’ISS nei primi sei mesi del lockdown sono stati registrati altri 230mila contro i 163mila dell’anno precedente.  A questi, già allarmanti, dati dovremo aggiungere un incalcolabile “disagio sommerso”, ancora in ombra e silente.

Tirando le somme, l’emergenza pandemica ha avuto un grosso impatto sulla salute mentale dei giovani.

“Tanti numeri che provano a misurare il qualcosa di immisurabile “il dolore”, nel tentativo di circoscrivere i danni/traumi”, sottolinea Simona Pisu, psicologa e psicoterapeuta del centro clinico Ananke di Cagliari. “Dietro questi numeri ci sono milioni di adolescenti e famiglie su cui grava il peso plumbeo del disagio mentale. Persone che necessitano di una risposta concreta alla loro domanda di cura”.

“Di fronte all’aumento esponenziale di richieste di assistenza, abbiamo sentito la necessità di “dare corpo” a un’iniziativa rivolta non solo ai diretti portatori del disagio, ma all’intero corpo familiare che viene inevitabilmente sbriciolato dall’insorgenza di un disturbo” aggiunge Alessandro Poddesu, psicoterapeuta e responsabile di Ananke Cagliari.

Nasce cosi “genitoriando”, un progetto di cura creato dalla rete Ananke e rivolto ai genitori e alle famiglie che hanno al loro interno un congiunto che  soffre di disturbo alimentare.

Il progetto avrà la durata di anno si avvarrà della tecnica della psicoterapia di gruppo, avrà cadenza mensile che potrà essere modulata in base alle necessità espresse dai partecipanti.

“L’intervento tempestivo ha il potere di prevenire e impedire che il disagio mentale si cronicizzi in una rigida maschera che soffoca l’identità dell’adolescente e del futuro adulto”, spiega Poddesu. “Per di più “accompagnare e sostenere la famiglia sin dagli esordi del sintomo potrebbe far sì che venga meno la necessità di un ricovero ospedaliero o comunitario lontano dalla famiglia e dal gruppo dei pari”.

“Genitoriando si profila come uno “spazio” in cui, famiglie depredate dal sintomo che ha saccheggiato la dispensa delle risorse psichiche e fisiche,  possano mettere insieme i pezzi, rigenerarsi e essere accompagnati nel riprendere in mano il ruolo di genitori e curanti capaci di generare cura”, conclude la Pisu.

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