(Foto credit: Lei Festival)

“Hanno tentato dal dissuadermi dalla parola ‘vecchia’, ma a me piace molto e mi sono battuta per lasciarlo nel titolo”. Così Vivian Lamarque ha presentato la sua ultima raccolta di poesie “L’amore da vecchia” (Mondadori, 2022) al Lei Festival, al Teatro Doglio di Cagliari, in cui la ricerca di una metamorfosi dell’amore si accompagna senza contraddizione alla propria individualità.

Nata a Tesero, in provincia di Trento, nel 1946, Lamarque è tra le poetesse italiane contemporanee più interessanti degli ultimi tempi, tant’è che nel 2018 è stata insignita della Laurea Apollinaris Poetica dall’Università Pontificia Salesiana di Roma, massimo riconoscimento per i componitori di versi.

L’amore è il fil rouge di tutta la sua opera poetica. Complice, probabilmente, una vita vissuta alla ricerca dei propri genitori, che a soli nove mesi l’hanno data in adozione, in quanto illegittima, a una famiglia cattolica milanese. A quattro anni ha perso il giovane padre adottivo, a dieci ha scoperto di avere due madri. È in quel momento che ha iniziato a scrivere le sue prime poesie. Poi il trasferimento a Milano, dove è rimasta fino a oggi, con sua figlia e i suoi due nipoti.

Nella sua lunga carriera da poetessa, è stata anche insegnante di italiano per stranieri e ha tradotto opere maestose della letteratura moderna e contemporanea, da La Fontaine a Valéry, Prévert e Baudelaire. Tra i più importanti riconoscimenti letterari, Lamarque ha conquistato il Premio Viareggio Opera prima con “Teresino” (1981), il Premio Carducci (2016), il Premio Rodari (1997) e il Premio Andersen (2000).

Oggi presenta il suo ultimo libro “L’amore da vecchia”. Ci racconta quand’è l’ultima volta che si è innamorata?

Devo dire che son sempre in grande agitazione quando esce un libro. Ho sempre paura dell’accettazione. Credo che proprio per questa insicurezza mi è capitato di innamorarmi di una persona. E lì ho pensato chi è che vuole essere corteggiato da una settantenne? Da un settantenne sì, al maschile, un ottantenne anche. Ma da una donna di quell’età, nessuno. Allora non ho comunicato la notizia all’interessato. Ho iniziato a scrivere valanghe di poesie, perché quando non vivi una cosa, la carta se ne nutre.

In realtà ha trascorso tutta la vita a mettere in versi l’amore. Com’è cambiato in questi anni?

Pensavo che il libro sarebbe stato tutto un libro d’amore verso questa persona. Invece dopo questi due anni, questo amore si è diffuso e difatti la raccolta è divisa in nove sezioni. Usando un verso di Foscolo parlo anche di “questa bella d’erbe famiglia e d’animali”. Sono undici quelle che io chiamo le “poesie con le foglie”, dove ad esempio racconto del mio fidanzato che è un agrifoglio. Per me oggi l’amore si trasforma come tutto quanto, non è mai fisso, non è mai fermo.

Ha spesso raccontato che le poesie migliori le ha scritte in viaggio, sui treni.

Sì nei cinema e nei treni. Ci sono due sezioni dedicate. Nella prima raccolgo 14 film che parlano d’amore, da ‘Le ballon rouge’ del 1956 all’ultimo di Martone del 2022. È anche un omaggio al cinematografo e alla scomparsa delle sale anche in una città come Milano. Io ho trascorso gran parte della mia infanzia in un cinematografo. Sui treni, poi, ho sempre trovato molta ispirazione. È un luogo di partenze, addi, amori, anche miei. Amori che potrebbero essere disperati ma che negli anni ho imparato a trasformare in non disperati.

L’elemento autobiografico, caratteristico delle sue opere, è presente anche in questa raccolta.

Sì siccome qualcuno mi fa quasi sentire in colpa di essere autobiografica, inizialmente avevo pensato basta non scrivo più poesie autobiografiche, ma è impossibile. E allora al contrario ho fatto una sezione tutta autobiografica.

Più volte ha detto che la poesia non si può spiegare, si legge e basta.

Alcuni la sanno spiegare, io assolutamente no. Come ha detto Wislawa Szymborska, che le chiedevano sempre cos’è la poesia, e lei rispondeva con un suo verso in cui dice “Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano”.

Ha raccontato che la poesia le ha salvato la vita. Quali sono gli autori che l’hanno ispirata maggiormente?

Partendo dai lirici greci, poi i più recenti sono Pascoli, Saba, Penna e Caproni.

Oggi sui social vanno molto forti gli “instapoet”. Cosa ne pensa?

Sì so che esiste questo fenomeno e che è figlio dei tempi. Io personalmente non lo conosco, però ho due nipoti che ogni tanto mi fanno vedere dei post su Instagram. È importante comunque perché con questi mezzi raggiungi certamente un pubblico molto più vasto, ed è anche un segno che la poesia è ancora qualcosa di interessante anche per i più giovani.

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