“Che arrivi un regalino? Magari presumiamo che un Matteo Messina Denaro sia molto malato e faccia una trattativa per consegnarsi lui stesso per fare un arresto clamoroso”. Sono le parole di Salvatore Baiardo, pentito che gestì la latitanza dei fratelli Graviano. Ciò che colpisce è che le dichiarazioni sono state rilasciate il 5 novembre scorso, ai microfoni di Non è l’Arena, il programma La7 condotto da Massimo Giletti.

Appena due mesi prima, quindi, che il boss di Cosa Nostra, il latitante più pericoloso al mondo, venisse arrestato in una clinica di Palermo, dove da un anno era in terapia a causa di un tumore.

Incalzato dalle domande di Giletti, il pentito avrebbe affermato che la cattura del boss sarebbe un “regalino al nuovo Governo”, guidato da Giorgia Meloni. “Sarebbe un fiore all’occhiello per il nuovo Esecutivo”, ha aggiunto.

In sintesi, secondo Baiardo l’ultimo boss di Cosa Nostra si sarebbe fatto arrestare di sua spontanea volontà perché avrebbe raggiunto un “accordo” con i vertici dello Stato, e cioé: la sospensione del regime di 41bis anche ai boss mafiosi per motivi di salute.

Un compromesso, questo, che potrebbe giovare a molti altri detenuti in quel che viene definito “carcere duro”. Tra questi ci sarebbe anche l’anarchico Antonio Cospito, detenuto nel carcere di Bancali con l’accusa di tentata strage e in sciopero della fame da quasi tre mesi (87 giorni per la precisione). Una “protesta”, la sua, che ha scosso l’opinione pubblica e ha trovato il supporto di personaggi di spicco quali l’ex presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, l’attore, musicista e scrittore Moni Ovadia, il filosofo Massimo Cacciari e don Luigi Ciotti. La punizione data a Cospito, secondo il gruppo di intellettuali e religiosi, sarebbe “troppo severa”, in quanto a conti fatti l’anarchico non si sarebbe reso responsabile di alcuna uccisione e inoltre non era mai accaduto prima d’ora che il regime di 41bis venisse assegnato a una figura che non fosse un boss mafioso.

La sospensione del “carcere duro” in caso di malattia o problemi di salute in generale è stata chiesta più volte già nel 2020. Era l’anno dello scoppio della pandemia da Covid e si registrarono tantissime richieste di trasferimento momentaneo ai domiciliari da parte di mafiosi che si trovavano in condizioni precarie di salute. Tra questi due di loro ce l’hanno fatta. Si è trattato di Francesco Bonura, boss di Cosa Nostra all’epoca 78enne, e Vincenzino Iannazzo, allòra 65enne, ritenuto esponente della ‘ndrangheta.

Con il decreto Cura Italia, l’esecutivo aveva stabilito che per diminuire l’affollamento dei penitenziari i detenuti condannati per reati di minore gravità, e con meno di 18 mesi da scontare, potevano farlo agli arresti domiciliari. Una norma, dunque, che escludeva i mafiosi.

Il 21 marzo del 2020, però, il Dipartimento amministrazione penitenziaria aveva inviato una circolare per chiedere alle varie carcere di stilare una lista di detenuti con oltre 70 anni di età e con alcune patologie, e di fornirla “con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”. Nel documento in questione non si faceva distinzione fra i detenuti, includendo in quegli elenchi di ultrasettantenni anche i circa 75 carcerati in regime di 41 bis e le migliaia che invece stanno nei reparti ad Alta sicurezza e cioè il “carcere duro” dove sono reclusi boss mafiosi e stragisti.

Tra questi anche pericolosi boss di Cosa nostra come Leoluca Bagarella, killer dei corleonesi e cognato di Totò Riina, il cassiere della mafia Pippo Calò, il boss di Catania Nitto Santapaola e il capostipite della ‘ndrangheta Umberto Bellocco.

Secondo Baiardo “la trattativa Stato-Mafia non è mai finita. Tutto è possibile come quando è stato arrestato Toto Riina. Qualcuno potrebbe far sembrare tutto casuale? Magari tutto è già programmato da tempo”, ha detto ancora il pentito a Giletti. E poi ha precisato: “Quando avverrebbe l’ipotetico arresto? Ci sono delle date che parlano, non è che io sto inventando. Presumo sia arrivato il momento di fare un regalino”.

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