Il principe Karim Aga Khan e Gianni Agnelli

Era per tutti un’icona di stile ed eleganza. La sua storia imprenditoriale lo rese protagonista a tutti gli effetti di un lungo capitolo della storia italiana del Novecento. Lo chiamavano “l’Avvocato” e, dopo la sua scomparsa in quel lontano 24 gennaio 2003, divenne “l’ultimo re d’Italia”.

Gianni Agnelli spese una vita intera a servizio della sua Fiat, dove entrò all’età di 22 anni come vicepresidente, nella sua città natale, Torino, che non lascerà neanche per un momento. Anzi, fu proprio grazie al suo spirito imprenditoriale che fece del capoluogo piemontese un nuovo polo industriale, che attrasse migliaia di lavoratori da tutta Italia. “Torino capitale”, si diceva all’epoca.

Ma l’Avvocato era noto anche per essere un amante delle auto da corsa e delle belle donne, oltre che un grandissimo tifoso della Juventus, di cui fu anche presidente dal ’47 al ’74. Gli piaceva trascorrere il tempo libero in Costa Azzurra, a Beaulieu, con a disposizione un aereo personale e uno yacht.

Ma non solo. Gianni Agnelli era anche un grande frequentatore della prima Costa Smeralda, quando ancora si stava sperimentando quel “turismo di lusso”, che ancora oggi attrae turisti da ognidove. Era il 18 luglio 1970, come racconta il Consorzio Costa Smeralda, quando l’imprenditore torinese si presentò a cena all’Hotel Cala di Volpe, di proprietà della Società Alberghiera Costa Smeralda, conosciuta anche come Sacs, controllata dal principe Karim Aga Khan e principale consorziata.

“In un tavolo del ristorante è seduto l’Avvocato Gianni Agnelli – raccontano i rappresentanti del Consorzio –, l’uomo più ricco d’Italia, uno degli imprenditori più conosciuti a livello internazionale. L’Avvocato ama e frequenta la Costa Smeralda; la famiglia di sua moglie, Marella Caracciolo di Castagneto, è tra le fondatrici della Costa Smeralda; lui è amico del Principe Karim Aga Khan, fondatore della Costa Smeralda, e prima ancora del padre, Ali Khan, e della nonna dell’Aga Khan, la torinese Teresa Magliano”.

“Al tavolo dell’Avvocato – aggiungono – viene consumata la cena e, come digestivo: due caffè, due vodka, una grappa”. Il conto? 16.200 lire.

(Foto credit: Consorzio Costa Smeralda)

A consegnarlo direttamente a Gianni Agnelli è lo storico capo barman dell’Hotel Cala di Volpe, Domizio Germiniasi. Un documento storico, si potrebbe dire, emerso in occasione del 60esimo anniversario della Costa Smeralda, grazie alla pubblicazione della ricevuta di pagamento sul gruppo Facebook “Professionisti della Costa Smeralda di ieri e di oggi”.

Di lì a poco, però, Gianni Agnelli dovette confrontarsi con la nuova stagione del movimento studentesco e delle grandi lotte operaie che nel 1968 sfociarono in quello che viene ricordato come “autunno caldo”. La Fiat vedeva la sua prima espansione oltre i confini nazionali e gli scioperi, l’assenteismo, i boicottaggi di quegli anni ebbero sull’azienda effetti molto pesanti. Nel 1974 venne eletto presidente della Confindustria e trovò un accordo con i sindacati, firmando l’intesa per il punto unico di contingenza con la Cgil di Luciano Lama.

Seguirono gli anni più difficili. Nel 1976 la Fiat, in difficoltà economiche, aprì l’ingresso del proprio azionariato alla Lafico, la finanziaria del governo libico. Poi arrivarono gli anni di piombo in cui l’azienda guidata da Gianni Agnelli pagò il suo drammatico tributo di morti e feriti. Nel 1980 l’occupazione di Mirafiori per trentacinque giorni a seguito dell’annuncio di migliaia di licenziamenti a cui i colletti bianchi dell’azienda, sostenuti da tutta la cittadinanza torinese, risposero con la “marcia dei 40mila”. Dopodiché, insieme Cesare Romiti, l’imprenditore piemontese rilanciò la Fiat a livello internazionale, trasformandola in poco tempo in una holding diversificata in vari settori.

La scomparsa di Agnelli arrivò in uno dei momenti più difficili della storia dell’azienda, con conti in perdita, un alto indebitamento e il peso del prestito, rischiando di lasciare il nome della Fiat in balìa delle banche. Ma l’Avvocato prese in mano le redini della situazione e indicò John Elkann come “nuovo erede” del gruppo automobolistico. Così, come il nonno, anche lui entrò nell’azienda di famiglia all’età di 22 anni. Il resto è storia.

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