“La Casa Circondariale “Ettore Scalas” di Cagliari-Uta continua, purtroppo, a soffrire per la carenza di medici e per l’inadeguatezza del numero delle ore per alcune specialistiche. Una condizione che, in un ambiente in cui le persone sono private della libertà, moltiplica il disagio soprattutto per chi ha una somma di problematiche sanitarie”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” facendo osservare che “la mancanza di alcune figure professionali, impedisce un’adeguata cura e può portare a complicanze non sempre gestibili”.

“Nel carcere di Cagliari-Uta – ricorda Caligaris – prestano servizio 12 medici di Medicina Generale, quelli che si definiscono medici di base, e 15 operatori della Medicina d’urgenza. I primi svolgono l’attività con un orario proporzionale all’incarico esterno al carcere e sono passati dall’ATS alle dipendenze dell’ASL n. 8. I secondi, che operano fuori dall’orario di servizio per 10 ore, alternandosi nell’arco delle 24 ore, fanno capo all’Areus, l’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza. A questa organizzazione si aggiungono gli specialisti di vari settori che effettuano le visite ai pazienti per i quali il medico curante fa richiesta, secondo un calendario delle prestazioni”.

“Da alcuni mesi – sottolinea l’esponente di SDR avendo ricevuto diverse segnalazioni da parte di familiari dei detenuti – sono del tutto assenti due figure importantissime: quelle del dermatologo e dell’oculista. La mancanza di queste figure professionali impedisce alle detenute e ai detenuti di poter curare disturbi che nella vita in cella sono molto diffusi. Si tratta in alcuni casi di malattie della pelle di una certa gravità, come la scabbia, ma anche irritazioni di diversa origine e/o forme di dermatiti molto fastidiose che possono degenerare. Prevenire e diagnosticare i problemi che possono colpire la vista è un altro aspetto molto importante soprattutto in un ambiente in cui la convivenza è a stretto contatto.

Un’altra carenza particolarmente sentita è quella del dentista che opera per 18 ore settimanali in una realtà dove ci sono in media 540 persone private della libertà, la metà delle quali con problemi di tossicodipendenze e di masticazione. Sarebbe necessario non solo raddoppiare le ore ma poter contare anche sulla disponibilità di un odontotecnico esterno su richiesta del dentista per chi ha protesi totali e/o parziale spesso malconce. L’azione meritoria di alcuni volontari della Caritas non può essere sostitutiva. Un’altra figura professionale che è indispensabile rafforzare è quella psichiatrica. Attualmente infatti c’è solo una professionista. Preoccupa infine che a breve lasceranno l’incarico la Neurologa e la Ginecologa”.

“La sanità penitenziaria – conclude Caligaris – è parte integrante del sistema sanitario regionale. I bisogni di salute dunque devono essere salvaguardati anche per chi ha perso la libertà. Lo sancisce, non dimentichiamolo, la Costituzione”.

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