(Foto credit: Sa domo de sa poesia cantada)

Anche in Sardegna si celebra il 21 marzo la Giornata internazionale della Poesia, decisa dall’Unesco in occasione del primo giorno di primavera.

Nell’Isola, dove la tradizione orale ha influenzato enormemente la cultura e la letteratura isolana, il genere poetico nasce in tempi molto antichi. Tra le forme più apprezzate che sopravvivono tutt’oggi c’è senza dubbio la poesia estemporanea sarda, una sorta di “battle di freestyle” di origini ben più lontane.

Le origini della poesia estemporanea sarda

Le prime notizie sul genere, che viene definito anche “cantare a bolu” (cantare al volo, di corsa, ndr.), compaiono nel 1787 nel testo “Armonie dei sardi” del religioso Matteo Madao.

Successivamente la stessa espressione viene ripresa in “Ortografia sarda” firmata nel 1840 dal canonico Giovanni Spano, che si sofferma prevalentemente sulla tradizione logudorese – esiste anche una versione campidanese – ricordando i nomi di vari “poetas” di alcuni paesi tra i quali Bitti, Bonorva, Ploaghe, Tissi e Osilo. In realtà, sottolinea lo stesso autore, in quasi tutta la Sardegna sono esistiti dei “poeti a braccio” che si cimentavano nel genere.

Soltanto un anno prima lo scrittore e storico Vittorio Angius si occupava dell’argomento nell’inserto “Sugli improvvisatori sardi” in “Biblioteca Sarda” e raccontava così il fenomeno culturale: “Né pensate che solo dalle persone inerudite sia onorato il merito di questi ingegni classici. Più d’uno veramente tra uomini di molte lettere, di molto ingegno, e di non ordinaria virtù poetica, aggiuntisi alla corona di udienza quando ebbero raccolto quelle spontanee armonie, allora si persuasero della dignità di quei cantori popolari alla onorata fama che godevano, e poi confessarono, non so per qualcosa che dicesse il loro giudizio, aver provato un senso di riverenza verso i cotali”.

Fu una vera e propria consacrazione del genere che attirò anche grandi autori del panorama culturale sardo. Tra questi, anche il poeta Sebastiano Satta, che si faceva accompagnare alle gare poetiche nonostante la grave malattia, e l’intellettuale e leader del PCI Antonio Gramsci, che in una delle sue lettere destinate alla madre, le chiede di aggiornarlo sugli argomenti discussi in poesia durante gli ultimi incontri.

Come funziona la gara poetica

In linea generale le gare di poesia estemporanea – in entrambe le versioni – sono organizzate in occasioni di feste e sagre paesane, per divertirsi e intrattenere il pubblico.

Alla gara possono partecipare due o più poeti che si presentano in “S’esordiu” e salutano il pubblico presente. Poi si passa alla discussione di “Sos temas”, che vengono estratti a sorte per garantire la più totale improvvisazione degli interpreti.

A quel punto i poeti devono cantare in ottava rima, ma può capitare di esibirsi anche in due o quattro versi.

Secondo la tradizione, l’esito positivo o negativo della gara dipende da “Sa Muta”, una sorta di divinità che non risponde ai comandi degli improvvisatori e può dare il suo beneplacito o meno alle esibizioni poetiche.

Le prime gare poetiche in logudorese

La prima gara in pubblico di poesia estemporanea sarda risale alla fine dell’Ottocento grazie all’iniziativa di alcuni compositori dell’epoca, tra i quali il più conosciuto è Antonio Cubeddu.

L’incontro si svolse il 20 e il 21 settembre 1896, ad Ozieri, in occasione della festa della Santa Vergine del Rimedio e venne disputata dai poeti: Antonio Cubeddu, Giuseppe Pirastru, Francesco Cubeddu di Ozieri, Gavino Contini di Siligo, Antonio Farina di Osilo, Salvatore Demartis di Ossi, Antonio Michele Cuccuru di Usini, Antonio Andrea Porcu Deledda di Martis, tra gli altri.

Il presidente della giuria era il poeta Giovanni Cubeddu, che insieme all’avvocato Antonio Fresu e Alessandro Meloni, decretò come vincitore Antonio Cubeddu, seguito da Antonio Farina e Salvatore Demartis.

Le prime gare poetiche in campidanese

A differenza della poesia logudorese, per cui è possibile fissare in anticipo una data per la gara, per la versione campidanese non esiste un passaggio netto dal dilettantismo alla pratica professionistica e quindi alla prima gara pubblica ufficiale.

Nonostante ciò, le prime attestazioni scritte risalgono al 19esimo secolo e furono firmate da “cantadores” quali Francesco De Planu detto “Olata” di Quartucciu, Efisio Pibiri di S’Argalla, Pasquale Piras e Battistina Melis detta “Bittiredda” di Lunamatrona.

La censura da parte della Chiesa

Nel 1924 durante il Concilio plenario dei vescovi sardi venne vietato ai poeti estemporanei di trattare argomenti inerenti la dottrina ecclesiastica. Tra i temi interpretati dai poeti, infatti, c’è anche quello de “Sa rughe” e “S’ispada”, rispettivamente il potere temporale e quello spirituale.

Ma non solo. In quegli anni era stato vietato di utiizzare lingue diverse dall’italiano, compreso il sardo. Così anche le gare poetiche vennero censurate dal 1932 al 1937. In alcuni casi, si dovette aspettare fino al 1945.

È forse per queste ragioni, tra le altre, che le gare di poesia estemporanea sarda sono andate via via affievolendosi, lasciando a pochi gruppi di “cantadores” il compito di far sopravvivere una tradizione lunga secoli di storia.

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