Quentin Tarantino compie 60 anni.
Il regista originario di Knoxville, nel Tennessee, ha fin da subito conquistato il grande pubblico in sala con “Le Iene” (1992), film d’esordio con cui ha dato vita a un vero e proprio genere cinematografico detto “pulp”.
È proprio con “Pulp Fiction” (1994), infatti, che arriva la sua consacrazione a livello internazionale, vincendo la Palma d’oro al Festival di Cannes e conquistando l’Oscar per la Miglior sceneggiatura originale nel 1995 (oltre a sette nomination). Un successo garantito anche da interpreti d’eccezione quali Uma Thurman, John Travolta, Samuel L. Jackson, Bruce Willis e Tim Roth.
Da qui una grande ascesa che lo porta in vetta a tutte le classifiche cinematografiche con incassi record al box office e un vero e proprio culto per il suo genere, che riprende quello dell’omonima corrente letteraria diffusasi negli anni Venti del ‘900 in un mix di storie criminali, scene violente e di sesso, e toni iperbolici al limite della realtà. Un modo per opporsi al genere “autoriale”.
Ma tra i generi preferiti da Tarantino, ripreso in tutti i suoi film – nessuno escluso – c’è senza dubbio lo spaghetti western.
Non soltanto Sergio Leone, che il regista statunitense omaggia a più riprese nelle sue pellicole, ma anche un film girato interamente in Sardegna. Si tratta di “Giarrettiera Colt” diretto da Gian Rocco e uscito nelle sale nel 1968.
Precisamente, il film è stato girato a San Salvatore di Sinis, piccolo borgo nel territorio di Cabras, dove oggi sopravvive una schiera di casette basse e colorate che ricordano proprio quelle dei più grandi spaghetti western. E proprio per questa sua caratteristica fu utilizzato già a partire dagli anni Sessanta dalla Corronca Company come set naturale per film di questo genere.
Tarantino ha sempre considerato la storia della giustiziera a cavallo, Lulù – interpretata da Nicoletta Machiavelli – come un “cult assoluto” tanto da rendergli un omaggio esplicito in uno dei suoi più celebri film: “Kill Bill”. Il regista infatti sceglierà “Arlene Machiavelli” come falso nome per la protagonista Mia Wallace.
Fu un “film rivoluzionario” per l’epoca, come ricorda il giornalista e critico cinematografico Sergio Naitza in un’intervista all’Agi, se si pensa che “in un cinema dominato dal maschilismo, viene introdotta la figura di una donna con la pistola che arriva per fare giustizia”.
Oggi il villaggio del Sinis è stato abbandonato dalle macchine da presa. Resta la polvere, le casette basse e colorate, e quel fascino da spaghetti western che farebbe innamorare qualsiasi amante del cinema che fu.
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