Philippe Margot, noto enologo svizzero, un giorno dichiarò: “Il buon vino è ogni volta una sinfonia di quattro movimenti, eseguita al ritmo delle stagioni. Il sole, il terreno, il clima e i vitigni modulano l’opera, mentre il vignaiolo, come solista, imprime la sua cadenza”.

Le vigne della Sardegna possiedono caratteristiche con pochi eguali. Sono state in grado di donare prodotti pregiati, molto apprezzati e altrettanto riconosciuti con premi importantissimi. Merito del suo territorio e del suo ricco patrimonio: quasi 26.000 ettari, dei quali il 13% si trova in territori montani, il 69% collinari e il 18% in pianura.

Quello tra la Sardegna e il vino è un legame che risale al passato nuragico (almeno al XV secolo a.C.). Sebbene le origini della cultura della vite abbiano avuto indicazioni storiche frammentate e confuse, secondo archeologi, botanici e chimici, nell’Isola in quel periodo si era già diffusa la coltivazione di una sorta di Cannonau. Testimonianza ne sono stati i vinaccioli di vitis vinifera rinvenuti nei livelli base di una delle torri del complesso nuragico Duos Nuraghes a Borore (Nu). Altre testimonianze sono state ritrovate a Villanovaforru, Monastir, Orroli e Olbia. Metodologie avanzate invece sono state scoperte nel Barigadu, nell’area interna della parte centro-orientale dell’isola.

Per la sua strategica posizione geografica, la Sardegna è stata nel corso dei secoli oggetto di conquiste. Ciascun popolo arrivato a dominare il territorio sardo ha poi introdotto metodologie e tecniche viticolturali ed enologiche differenti. Particolarmente concreto e ricco l’apporto degli Aragonesi, i quali hanno aggiunto nuove varietà di uva, ancora oggi presenti.

Dal 1700 poi si è avuto una esplosione di produzioni. Non solo Cannonau e Carignano, ma anche Vermentino, Vernaccia, Malvasia, Monica, Moscato, Girò e Nasco.

L’arrivo della filossera nel secolo successivo arresta lo sviluppo dell’enologia, salvo riprendere poco dopo la seconda guerra mondiale con la nascita di numerose cantine sociali. Con la crescita della produzione di qualità, in pochi anni il vino sardo diventa un prodotto d’eccellenza in grado di conquistare di stagione in stagione numerosi premi.

Il vino in Sardegna, oggi

Oggi l’Isola è divisa a metà. Nella parte del centro-nord c’è una ragguardevole produzione di vini bianchi, a cui fa da contraltare la zona meridionale dove si sviluppano maggiormente i vini rossi.

Le cantine distribuite nel territorio sardo sono oltre 30. Significativi i riconoscimenti da parte del mondo enologico: dal Docg (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) del Vermentino di Gallura e ai numerosi vini Doc (Denominazione di Origine Controllata), fino alle diverse produzioni contraddistinte dal marchio Igt, Indicazione Geografica Tipica, che rappresentano un legame stretto col territorio, volto a mantenerne intatta l’identità e la personalizzazione.

Cannonau

Il Cannonau è il vino che più di altri richiama le antiche tradizioni della Sardegna. Vitigno a bacca nera più diffuso in Sardegna, trova il suo ambiente ideale nelle zone più interne, in particolare l’Ogliastra. Qui la Doc si articola in tre sottozone: Jerzu, Oliena e Capo Ferrato. Inoltre, con il Bovale sardo e la Monica, partecipa alla Doc Mandrolisai.

Nonostante sia considerato un vino autoctono, non si conoscono con certezza le sue origini. Tuttavia, recentissimi studi ipotizzano la presenza del cannonau in terra sarda già al momento della dominazione spagnola o una provenienza dall’Oriente, portato dai Fenici.

Registrato ufficialmente nel Catalogo nazionale varietà di vite dal 1970, rappresenta il trenta per cento della superficie vitata sarda e occupa una superficie complessiva di circa 7500 ettari. Il vino si caratterizza per una finezza particolare di gusto e profumo, variabile da zona a zona. Si presenta con sensazioni gusto olfattive che ricordano fiori o frutti rossi, freschi, che virano verso note più mature di confettura e calde sfumature speziate nella tipologia riserva o liquoroso.

Ha colore rosso rubino più o meno intenso, tendente all’aranciato con l’invecchiamento. Al palato il suo sapore è secco e sapido. La gradazione alcolica minima è del 12,5%. Il grado zuccherino dei mosti del Cannonau risulta piuttosto elevato, mentre l’acidità fissa è modesta.

Vermentino

Un vino gradevole e delicato, dal colore giallo paglierino con riflessi verdognoli e di elevata brillantezza. Si dice, non a caso, che nel Vermentino si vedano le caratteristiche costiere dell’isola, dove l’uva si incontra col mare.

Di alcolicità contenuta grazie alla sua gradazione media di 11°C, ha un profumo delicato, al palato è amabile e fresco, dalla media acidità. È adatto alla tavola di tutti i giorni e negli ultimi quindici anni ha iniziato ad essere accompagnamento per aperitivi pre e post cena.

Il nome dovrebbe derivare dalla parola “vermena”, utilizzata soprattutto nel Medioevo per indicare un ramoscello giovane, sottile e flessibile. La quale deriva a sua volta deriva dal latino “verbena” con riferimento a erbe e ramoscelli di piante sempreverdi.

Le origini di questo antico vitigno sono ancora oggi oggetto di discussione. Secondo alcuni studiosi sarebbe nativo del Portogallo, ma l’ipotesi più probabile è che sia arrivato nell’Isola attraverso gli Aragonesi. Non a caso, l’origine si collega ad Alghero, dove gli spagnoli ebbero una influenza molto forte che prosegue ancora oggi. La varietà è presente anche nel Nord Italia, nella Francia sud-orientale ed è molto diffusa in Corsica.

Tra i vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC) a base di Vermentino ci sono quello di Gallura e il Vermentino di Sardegna, quest’ultimo prodotto nelle province di Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari.

Vernaccia

La Vernaccia di Oristano è stata la prima Doc riconosciuta in Sardegna nel 1971. Il nome di questo vitigno avrebbe origini antiche, derivate dai Romani, che lo indicarono come “vernacula”, cioè uva del luogo. Ma la sua introduzione sarebbe dovuta ai Fenici nella costiera oristanese, dove fondarono l’approdo di Tharros. La sua coltivazione è rimasta limitata quasi esclusivamente alla Provincia di Oristano dove predilige le terre basse.

La leggenda narra che la vite fu “miracolosa” in occasione della pestilenza da malaria: l’associazione tra chinino e vernaccia sarebbe stata in grado di curare le persone colpite dal morbo. La dose giusta, secondo il Rettore di Nurachi, era quella di berlo fino a diventare insensibili alla puntura delle zanzare.

Il vino deve la sua maturazione a botti di castagno o di rovere tenute in parte vuote e conservate in ambienti soggetti a forti sbalzi termici. La presenza di ossigeno favorisce la risalita dei lieviti sulla superficie del vino creando un caratteristico velo denominato “flor”, che contribuisce a formare l’aroma tipico della vernaccia

Di base è un vino molto pieno, dotato di un gusto robusto, persistenza aromatica intensa e sapori di nocciole e mandorle. È particolarmente indicato sia come vino da aperitivo che da dessert, ma anche in abbinamento a piatti di pesce e carne bianca.

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio.