Nei giorni scorsi una delegazione della Uil, composta dalla segretaria regionale Giamonica Pili e il segeretario locale Gian Paolo Piras, ha visitato i luoghi di lavoro della Casa reclusione di Isili. Ad accoglierli la comandante della Polizia Penitenziaria, Manuela Cojana, che li ha accompagnati fornendo loro dati che riassumono una situazione organica estremamente deficitaria.

“In tanti – scrive il segretario generale della Uilpa Sardegna Michele Cireddu – fingono di non sapere che nella Colonia di Isili sono presenti detenuti di un elevato spessore criminale e altri che soffrono di patologie di natura psichiatrica, con le tantissime problematiche di natura gestionale che questo comporta”.

Per questo il sindacato della Polizia Penitenziaria chiede di “incrementare il personale e rivedere urgentemente la pianta organica ministeriale realizzata”.

“Non esistono alloggi idonei per il personale – continua Cireddu -, la foresteria è fatiscente così come le uniche due camere utilizzabili. Non va meglio nei locali della mensa, freddi, fatiscenti, dove i bagni non sono differenziati per uomini e donne e versano in condizioni pietose. In alcuni bagni in uso nei vari uffici non sono presenti addirittura i water ma si utilizzano quelli alla turca”.

Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, Cireddu spiega che è necessario migliorare il protocollo di intesa locale così come portare avanti interventi strutturali.

“È impensabile – dice ancora il segretario generale di Uilpa Sardegna – che una colonia di queste dimensioni sia stata abbandonata in questo modo e sia ancora priva di un direttore che potrebbe incentivarne il rilancio. Ci sono tanti lavori che potrebbero essere realizzati in ‘economia’ , come la costruzione delle fognature per rendere operativa l’edificio recentemente ristrutturato da altro Ministero e riconsegnata all’Istituto che non può però utilizzarla perché nessuno prende l’iniziativa di costruire le fognature. Eppure i mezzi per realizzare i lavori, le risorse ed i detenuti lavoratori per realizzare questi interventi ci sono. Che senso ha – conclude Cireddu – parlare di rieducazione e trattamento se non si impiegano i detenuti nei lavori anche per migliorare le condizioni della struttura?”.

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