Un geologo che si è avvicinato al mondo del fumetto. O meglio un bambino che disegnava fumetti e poi, con il classico invito della mamma che lo indirizza a cercare “un lavoro vero” diventa geologo.

Leo Ortolani si presenta così, a Cagliari, ospite di Camena Edizioni.

Nato a Pisa e trasferitosi dopo un anno a Parma, è uno dei più importanti e apprezzati fumettisti italiani. Le sue opere, dallo stile ironico e pungente, gli sono valse numerosi riconoscimenti.

“Avevo capito che la geologia non sarebbe stata la mia direzione. Lavoravo a Parma come assistente ai sondaggi geologici quindi operaio di cantiere, ma avevo iniziato l’autoproduzione di Rat-man. A quel punto ho preso una decisione, mi sono gettato e ho lasciato la professione anche perché percepivo non ci fossero grandi sbocchi di lavoro”.

L’esordio è proprio nel 1989, quando pubblica la prima storia di quello che diventerà il suo personaggio più celebre: Rat-Man. Da questo momento inizia la collaborazione con Made in Usa, fanzine per cui realizza altre storie di Rat-Man e un ciclo di quattro storie sui Fantastici Quattro.

Parlando di creatività, di scintille da cui si origina un’opera, è interessante andare oltre e indagare sul processo creativo del fumettista: “Non esiste una scintilla, ma un mare primordiale da cui vengono fuori idee da sviluppare. In qualunque momento può arrivare qualcosa, la mente lavora di continuo in cerca di stimoli in sottofondo e ti suggerisce che c’è qualcosa da raccontare”.

Curiosare, leggere, osservare, ascoltare è il terreno di crescita. Niente segreti ispirativi, ammette, tutto può succedere anche ora. “Non indago il meccanismo, ma vivo nel mistero di quello che faccio. È bello sapere che possono nascere le cose e mi sto fidando di me stesso”. Può accadere che le battute non arrivino o che arrivino dopo e ci si domandi, con timore, se l’ispirazione manca, per poi ritornare a sè: “Stai tranquillo e vai avanti”, si ripete, un atto di fiducia con cui affronta la quotidianità.

Intorno a lui, oggi, il mondo del fumetto è quanto mai vivo: “Un panorama ricco. Molti giovani sono interessati e questo la dice lunga solo sulla solidità degli altri mestieri che può offrire il paese. Può darsi che sia una fuga, con la gente che preferisce sognare storie nuove e mondi nuovi rispetto all’incertezza che sta vivendo ogni giorno. Anni fa non c’era questo fermento: c’erano solo i grandi maestri in fumetto e poi chi arrivava, gente come me che era, come direbbe Fantozzi, un esordiente totale. Oggi ce ne sono tanti e bravi, un ricambio continuo e prezioso”.

Le storie di Leo partono da un’idea che declina in personaggi come Rat-Man e i suoi amici. Quanto c’è, alla fine, del fumettista nei personaggi? “Riporti il tuo vissuto e le tue esperienze, ma cambi sempre. Una volta sei un po’ il cattivo, una volta sei la transessuale, un’altra volta sei il poliziotto Se prendessi tutti i personaggi e li riportassi in forma unica non otterrei mai l’autore”.

Il presente è fatto di cambiamenti, personaggi, facce e prossimi progetti, anche senza il classico Rat-Man: “Per Panini Comics uscirà a maggio una miniserie chiamata Gli Infallibili in 6 numeri mensili, poi in autunno andrà alla stampa, per Feltrinelli, un libro sullo Zodiaco con 12 micro storie illustrate dalla bravissima Sara di Porzano. Nel 2025, intanto, c’è un’idea nata insieme ad Andrea Pennacchi sulla Guerra dei Bepi”. Andrea Pennacchi ha dedicato, infatti, un libro al nonno e al padre, entrambi Bepi, coinvolti nella Prima e nella Seconda guerra mondiale.

Ci sono poi i giovani che magari oggi sono invasi da immagini digitali rispetto a quelle analogiche dei fumetti, a cui Leo dedica una riflessione: “Se avete la pazienza di andare oltre gli smartphone, esistono mondi interessanti, per tutti i gusti e le intenzioni. L’impegno però nasce da noi, dagli autori. Nel mio caso, bisogna tentare sempre di narrare storie interessanti e fare breccia il più possibile nei lettori”.

Se la vita artistica di Leo fosse, infine, una canzone? “Direi Vagabondo dei Nomadi perché non mi fermo mai su un progetto”.

Nicola Montisci

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