(Foto credit: Dietrich Steinmetz)

Paolo Zucca è tornato al cinema con “Vangelo secondo Maria”, un film ispirato all’omonimo romanzo di Barbara Alberti edito nel 1979. Una storia di ribellione e riscatto, che vede protagonisti due grandi nomi del cinema italiano: Alessandro Gassman e Benedetta Porcaroli.

Il 23 maggio il film è uscito nelle sale italiane ed è stato presentato in anteprima nazionale a Cagliari, dove sono ambientate alcune scene della vicenda, tra il Bastione Saint Remy e il parco di San Michele.

Ma nella pellicola del regista cagliaritano, c’è tutta la Sardegna, a partire dalla cittadina di Cabras, nel Sinis, dove è stata riprodotta la città di Nazareth, fino ad arrivare alle aree nuragiche di Tamuli, a Macomer, e Genna Salixi, a Villa Sant’Antonio, che regalano un’atmosfera tra il magico e il cupo, portando gli spettatori in una dimensione fuori dal tempo.

Partiamo dal film. Come nasce l’idea?

L’idea del film è nata quindici anni fa, dopo che l’autrice Barbara Alberti aveva visto il mio cortometraggio “L’arbitro”, che poi è diventato un film. Nel 2009 ci siamo incontrati a Oristano grazie all’autore Filippo Martinez, e Alberti mi dice che è rimasta molto colpita dall’ambientazione in bianco e nero, i paesaggi così liberi, selvaggi e metafisici, e dai volti antichi dei protagonisti. Diceva che le ricordava qualcosa di biblico, così mi ha consigliato di leggere il suo romanzo e devo dire che mi ha veramente aperto le porte alla fantasia. Dopo un’iniziale titubanza, che aveva a che fare col fatto che il testo trattava di temi molto forti legati alla religione, alla fine ho accettato e ho iniziato a lavorare sul progetto.

Son passati un po’ di anni, ma il tema è ancora caldo.

Sì il progetto non è partito subito perché probabilmente i tempi non erano ancora maturi. Noi abbiamo voluto riprendere il tema di fondo del romanzo e ripresentarlo con una duplice prospettiva, in modo che ognuno possa leggere il messaggio in maniera diversa e personale. Ma in ogni caso il film mantiene tutta la sua carica iniziale: anche la nostra giovane Maria è una ribelle che compirà un atto di estrema disobbedienza anche nel film. C’è sia un elemento dirompente sia una domanda finale rivolta al pubblico in sala. Dal mio punto di vista, la soluzione che abbiamo trovato è più interessante dal punto di vista drammaturgico e anche meno disturbante.

I due protagonisti sono Alessandro Gassman, che interpreta Giuseppe, e Benedetta Porcaroli, che veste i panni della giovane Maria. Come mai hai scelto questi due attori?

Per quanto riguarda Gassman, è sempre stata sempre un po’ la mia fissazione sin da quando aveva girato il mio primo film “L’arbitro” nel 2013. Per me ha sempre avuto una fisicità interessante ed era perfetto per interpretare Giuseppe, che è un gigante buono, un uomo rude, ma di una generosità straordinaria ed è l’unico personaggio positivo in un mondo in un modo di retrogradi. Oltretutto la sua voce, così profonda e cavernosa, si adattava perfettamente al personaggio che avevo in mente.

Benedetta Porcaroli invece è una delle giovani attrici italiane del momento.

Sì c’è da dire che io Benedetta non la conoscevo ancora. Quando ho iniziato a pensare al film, lei era ancora molto giovane. Oggi l’abbiamo trovata nella sua condizione anche di età ideale, lei adesso ha 25 anni ma ne dimostra tranquillamente 16. Ha il volto di una ragazzina e infatti l’ho messa insieme alle altre ragazzine presenti nel film. Me l’ha consigliata Nicola Giuliano che è uno dei produttori del film insieme ad Amedeo Pagani. Quello che mi ha convinto di Bendetta, oltre alla sua bravura e al talento macinato in quindici anni di lavoro, è la sua bellezza cinematografica. Quando inizia a recitare e fissa lo schermo, il suo sguardo diventa abbagliante, i suoi occhi si trasfigurano, riesce a trasmettere un senso di profondità che non è mai banale.

Anche per quest’ultimo film hai scelto la Sardegna come set. Ci racconti come sono andate le riprese?

Sì parto subito dalla città di Cagliari, in cui ho voluto ambientare un sogno, quello di Maria. Per farlo, cercavo un’ambientazione di tipo “dechirichiana”, un po’ come i quadri metafisici e la città mi è sembrata perfetta, perché l’ho vista proprio sotto questa luce. In particolare avevo pensato ai lampioni del Bastione Saint Remy come elemento geometrico e moderno che avrebbe potuto rompere l’incantesimo dell’antichità, anche perché nel mio film non racconto la città di Nazareth in modo troppo filologico. Dopo il montaggio, però, più di una persona mi ha fatto notare che questi lampioni distraevano dallo stato psicologico del personaggio, quindi li ho cancellati uno per uno digitalmente.

Poi c’è anche la Sardegna più leggendaria dei siti archeologici e paesaggistici.

Sì sono tutti posti bellissimi e soprattutto funzionali rispetto a quello che volevamo rappresentare. Per esempio, Nazareth è stata ambientata in un insediamento nuragico che è Tamuli, a Macomer. Abbiamo voluto dare alla cittadina biblica un’ambientazione cupa e pietrosa, poi a un certo punto ha anche iniziato a piovere e abbiamo continuato le riprese che hanno contribuito a dare questo carattere di cupezza. C’è poi la necropoli di Genna Salixi, a Villa Sant’Antonio, dove abbiamo immaginato l’appartamento di Giuseppe, avvolto da un’atmosfera magica. Stiamo parlando di un sito millenario, che suscita un fascino incredibile. Ma durante le riprese, ho anche fatto delle scoperte interessanti.

Raccontaci.

Ho scoperto che nella chiesetta di San Giovanni, nel Sinis, che io ho usato come sinagoga di Nazareth nell’anno zero, è stata trovata la scritta “shalom” ed è rimasta fino agli anni Settanta, quindi molto probabilmente per un certo periodo è stata realmente utilizzata come sinagoga, prima di diventare una basilica paleocristiana. Tra le altre cose, ho anche scoperto che anche a Israele esistono delle costruzioni in pietra antichissime che somigliano molto ai nostri nuraghi. Quindi diciamo che la scelta del set in Sardegna alla fine si è rivelata quella più adatta a rappresentare questa storia.

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