L’ex carcere di Buoncammino potrebbe diventare come sono oggi le Murate: l’ex carcere di Firenze – riqualificato attraverso un Concorso di progettazione – è il fiore all’occhiello degli interventi di recupero urbanistico del capoluogo toscano ed ospita alloggi per giovani coppie, attività commerciali, spazi espositivi, centri sociali e culturali, caffè letterari, un centro informazioni e assistenza su politiche, programmi e finanziamenti dell’Unione europea, una libreria dedicata alla conservazione e alla valorizzazione dei beni culturali e svariate altre attività.

Il progetto di restyling del carcere delle Murate, è uno degli esempi virtuosi che saranno studiati per la riqualificazione di Buoncammino. Anche per l’ex carcere cagliaritano l’Ordine degli Architetti della Città Metropolitana di Cagliari e della Provincia del Sud Sardegna, ha infatti proposto un Concorso di progettazione gestito dal Comune di Cagliari in stretta collaborazione con le altre amministrazioni coinvolte (Ministero e Regione).

“Per la riqualificazione del carcere di Buoncammino dobbiamo guardare quello che accade intorno a noi e copiare le buone pratiche”, spiega Michele Casciu, presidente dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (OAPPC)della Città Metropolitana di Cagliari e della Provincia del Sud Sardegna.

L’esempio, tra i più recenti, ma anche tra i più importanti in Italia, è appunto il recupero edilizio e funzionale del carcere delle Murate a Firenze, strettamente collegato alla vita della città e dei suoi abitanti e dunque con un importante impatto sociale.

“Qualsiasi destinazione si intenda dare all’ex carcere, dobbiamo puntare a un intervento di grande qualità architettonica e di importante impatto sociale – prosegue Casciu -Sarebbe fondamentale allargare a più soggetti, pubblici e privati, il coinvolgimento nella progettazione del futuro del carcere. Qualsiasi intervento deve essere economicamente sostenibile, da qui la necessità di coinvolgere i privati. Sarebbe utile un Concorso di progettazione, come fatto per le Murate, che venga gestito dal Comune in stretta collaborazione con le altre amministrazioni coinvolte (Ministero e Regione) attraverso un accordo tra enti che ne definisca gli ambiti di competenza e che si faccia carico di creare un vero e proprio laboratorio con protagonisti liberi professionisti, imprenditori, docenti universitari e stakeholder in genere”.

Le visite organizzate dal Fai sono un’ottima occasione per riparlare del suo futuro ma, ammonisce Casciu, “dobbiamo accelerare, perché il rischio è che il mancato utilizzo ne determini inevitabilmente l’ulteriore deterioramento con le prevedibili conseguenze”.

Il restauro toscano ha preso le mosse dall’individuazione di alcuni principi fondamentali: di umanizzazione, di conservazione, di apertura alla città, di pluralità e di innovazione architettonica. “Deve essere un luogo polifunzionale – conclude Casciu – è prioritario che la progettazione tenga conto delle caratteristiche specifiche di questo spazio, della sua collocazione all’interno della città, in una zona di forti vincoli di tutela, la sua vicinanza all’Università, all’Anfiteatro romano e all’Orto Botanico e, infine il fatto che fosse un carcere”.

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