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I giorni scorsi, Italia Nostra Sardegna ha presentato alcune osservazioni nell’ambito della procedura di PAUR chiesta dalla società Eurallumina spa per il riavvio della raffineria di allumina di Portovesme.

“Si tratta – dichiara l’associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico artistico e naturale della nazione – dell’ennesima richiesta presentata dalla società. Il nuovo progetto prevede la costruzione di una centrale termoelettrica a gas che dovrebbe essere alimentata dalla rete nazionale di trasporto gas naturale, la virtual pipeline di cui si parla nei convegni, ma priva per il momento di progetti ed atti concreti. Il riavvio dell’impianto andrebbe ad aggravare un contesto ambientale e sanitario fortemente degradato”.

Secondo quanto riportato dall’associazione, “già nel 2006 il Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti nelle aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna, coordinato dal prof.Annibale Biggeri ha avuto modo di verificare come le patologie riscontrate nella zona di Portoscuso siano attribuibili all’inquinamento derivante dalle emissioni inquinanti delle industrie di Portovesme. Risultati confermati nel 2008 dalle indagini del Dipartimento Sanità pubblica, Medicina del lavoro, dell’Università di Cagliari che evidenziarono la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a 10 μg/dl. Innoltre– incalza Italia Nostra – una ulteriore conferma proviene dal Quinto Rapporto S.E.N.T.I.E.R.I. – studio epidemiologico del giugno 2019 che riprendendo le cause di mortalità e di malattia in eccesso nel SIN Sulcis-Iglesiente Guspinese ha evidenziato un pesantissimo rischio per la salute di lavoratori e cittadini”.

Altro capitolo riguarda l’autorizzazione “ai margini di un’area SIC e di una IBA, all’ampliamento della discarica dei fanghi rossi, probabilmente la più estesa della Sardegna (160 ha) e tra le più inquinanti per quanto riguarda le ricadute sulle falde acquifere”. Nella nota, l’associazione per la tutela del patrimonio della nazione spiega che l’ampliamento “occuperà ulteriori 19 ha di terreno e solleverà la discarica di oltre 10 mt di altezza (fino a 36 mt s.l.m.). Un’immensa discarica che supererà i 50 milioni di tonnellate di fanghi e che continuerà a rilasciare sul suolo e sulle falde i veleni che contiene”.

Nelle sue osservazioni Italia Nostra Sardegna evidenzia “l’anomalia sulla conformazione costiera derivante dall’ulteriore innalzamento della nuova collina artificiale del deposito dei fanghi rossi e il palese contrasto con i principi che regolano la definizione degli impatti sul patrimonio culturale e il paesaggio nel procedimento di VIA. Tra l’altro la costruzione di nuovi impianti termoelettrici a combustibili fossili contrasta con le politiche europee in materia di lotta ai cambiamenti climatici e con lo stesso Piano energetico della regione Sardegna”.

Italia Nostra Sardegna ritiene che nessuna nuova attività possa essere autorizzata “senza la certezza che essa non arrechi danno agli obiettivi ambientali ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2020/852 e che qualsiasi intervento debba essere assoggettato anche alla valutazione denominata DNSH (Do Not Significant Harm – non produrre danno significativo). È fondamentale – prosegue – che anche gli interventi industriali siano soggetti a tale analisi affinchè sia dimostrata la loro azione positiva verso la mitigazione o l’adattamento ai cambiamenti climatici, la transizione verso un’economia circolare, a prevenzione e riduzione dell’inquinamento e la protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi. Nel ribadire il diritto costituzionale al lavoro dei cittadini del Sulcis, dei cassintegrati e dei disoccupati non necessariamente in un’azienda con scarse prospettive di mercato, che brucia risorse pubbliche preziose e presenta un conto eccessivamente elevato all’ambiente naturale e alla salute dei cittadini, Italia Nostra ritiene che la miglior soluzione sia oggi quella di trovare soluzioni occupazionali più salubri per i lavoratori e per la comunità di Portoscuso e del Sulcis, abbandonando al loro destino queste aziende prive di futuro”, conclude.

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