I sardi sono sì uno dei popoli tra i più longevi al mondo, ma ciò significa anche un invecchiamento della popolazione costante con circa il 26% composto da over 65 e, soprattutto, con un rapporto tra decessi e nascite che nell’ultimo decennio è passato dal +22% del 2011 al +128% sia del 2020 che del 2021.

A ciò si aggiunga il contesto socio-economico dell’Isola che parla di un progressivo depauperamento della popolazione, per il 48% concentrata nell’area di Cagliari e il resto “polverizzato” su un territorio che per estensione rappresenta la terza regione italiana.

È la fotografia del Rendiconto sociale regionale 2022 realizzato per la Sardegna dalla direzione regionale dell’Inps, presentato oggi a Cagliari e riportato dall’Ansa.

“L’analisi ci mostra un contesto sardo molto differente rispetto alle altre regioni d’Italia, per certi versi più difficile – spiega a margine della presentazione pubblica il direttore regionale per la Sardegna Francesco Ciro Di Bernardo – e ciò richiede all’Inps uno sforzo diverso da altre aree, dopo dove la concentrazione della popolazione è maggiore. Ciò significa tante pensioni, tante presto prestazioni di invalidità – aggiunge – per questo l’attività dell’Inps deve essere adattata al contesto sardo, garantendo omogeneità di trattamento tra tutti i cittadini, sardi, campani o lombardi”.

In Sardegna quasi un terzo della popolazione percepisce un qualche tipo di pensione: sono 426mila le pensioni Ivs (invalidità, vecchiaia, superstiti) e 125.397 le prestazioni per invalidità civile in pagamento.

Ma anche qui i pensionati sardi sono diversi dal resto d’Italia: l’Isola registra importi sensibilmente più bassi rispetto alla media nazionale. “Ciò nasce dal contesto socio economico e produttivo di base – chiarisce Di Bernardo – siamo in una regione in cui una elevata percentuale di attività produttiva è generata dal settore artigianale o agricolo, con tante micro aziende da uno a nove dipendenti e quasi spesso con retribuzioni inferiori”.

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