La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni della Legge 20 del 2024 della Regione Sardegna, che regolava le aree idonee e non idonee agli impianti di energia rinnovabile. La sentenza, ora, solleva un acceso dibattito politico sull’adeguatezza della normativa regionale e sulle conseguenze per la pianificazione energetica nell’Isola.
In una nota congiunta, gli assessori regionali Francesco Spanedda (Enti locali) ed Emanuele Cani (Industria) hanno dichiarato: “Sarà nostra premura modificare le nostre norme tenendo conto dei chiarimenti forniti dalla Corte costituzionale”. Gli assessori hanno sottolineato l’importanza di una transizione energetica pianificata, che tuteli l’ambiente e i valori culturali e identitari della Sardegna, ma hanno sottolineato un “quadro nazionale fortemente contraddittorio che si è determinato negli ultimi anni”.
Le opposizioni hanno reagito con durezza. Paolo Truzzu (Fratelli d’Italia) ha accusato la Giunta di superficialità e di aver esposto la Regione a rischi legati a speculazioni energetiche, definendo “una pietra tombale” la sentenza della Consulta. Poi una frecciata: “È stata ormai smascherata la presunzione e la superficialità di chi, in avvio di legislatura, aveva millantato l’assunzione di personale qualificato per evitare la bocciatura delle norme regionali e che invece ha collezionato il record assoluto di leggi impugnate“.
Critiche simili sono arrivate da Umberto Ticca (Riformatori), che parla di “una legge fragile, spazzata via dopo mesi di annunci roboanti poi smentiti dai fatti”, e da Alberto Urpi (Sardegna al Centro 20Venti), che ha evidenziato come la Regione abbia messo “nell’incertezza anche tutti quelle imprese che si sono trovate a dover brancolare nel buio su questa tematica”. Alessandro Sorgia (Gruppo misto) ha invece indicato nella legge Pratobello una possibile soluzione. “L’unica cosa che rimane ora è di prendere in mano subito la legge Pratobello, perché questa secondo me è l’unica soluzione”.
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