Operazione congiunta di Carabinieri, Polizia e Corpo Forestale della Regione Sardegna denominata ‘Dea Madre’, e coordinata dal procuratore di Lanusei, Biagio Mazzeo, che ha disarticolato un’associazione a delinquere finalizzata agli scavi clandestini e all’esportazione di reperti archeologici con base in Ogliastra che operava in tutta la Sardegna. Sono state denunciate 34 persone che, a vario titolo, si sono resi responsabili di associazione per Delinquere, uscita o esportazioni illecite, ricerca archeologica senza concessione, tramite scavi clandestini, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, contraffazione di opere d’arte, ricettazione, furto aggravato, estorsione, coltivazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, minacce aggravate e danneggiamento a seguito di incendio, uso e sottrazione di cose sottoposte a sequestro, favoreggiamento personale e inosservanza delle prescrizioni cautelari imposti dall’Autorità Giudiziaria.

L’indagine è stata avviata l’avvio nel mese di Agosto 2016 a seguito di un intervento effettuato dalle forze dell’ordine su di un nuraghe sito nella località “Orzili” in territorio del comune di Arzana e pertanto veniva predisposto dalla Procura di Lanusei, un team interforze con lo scopo di contrastare il radicato fenomeno di ricerca e commercio illecito di reperti archeologici, provenienti da scavi clandestini ed effettuati in diversi siti nuragici su tutto il territorio sardo. Nel prosieguo delle indagini inoltre sono emersi chiari elementi che hanno concretizzato l’esistenza di diverse associazioni a delinquere sparse nell’isola, tutte collegate tra di loro, finalizzate all’esecuzione di numerosi reati. L’indagine, oltre a svelare l’organigramma delle organizzazioni, ha permesso di individuare e ricostruire anche le sue ramificazioni.

Già dal contenuto delle prime conversazioni intercettate emergeva inequivocabile la distinzione di diversi gruppi, autonomi in relazione all’operatività ed alle modalità di ricerca e scavo, ma con la stessa comunione di intenti e di interscambiabilità degli oggetti per la loro successiva immissione nel mercato. Il Gruppo di Arzana costituito da: M. V.B,R.S., P.C., M.P., P.A., P.N., L. F.L. , M.T., C.R., C.R., G.S., A.E., C.M. Il Gruppo della Baronia, costituito da: D.A.F., D.P.,P.M., P.D., D.A.M.M., D. M.Gf., M.Gp,S.M., S. Gm.. Il Gruppo di Cagliari costituito da: M.Gl, M.G., C.F., S.M., C.E.,C.A.. I componenti dei gruppi risultano essere legati da un vincolo associativo molto solido che li ha portati a commettere più delitti, mantenendo continui e reciproci contatti finalizzati all’attività di ricerca, all’ aggiornamento sull’andamento degli scavi in corso, allo scambio di informazioni circa il valore ed i diversi canali di vendita dei reperti archeologici già in loro possesso (spesso costituiti da manufatti abilmente falsificati).

L’indagine, oltre ai reati già perseguiti, ha permesso di far affiorare condotte illecite che inserivano parte degli indagati in un contesto criminale ben più ampio e grave ossia quello di un vasto traffico di armi clandestine e munizioni nonché furti e rapine. Da lì la scelta investigativa, d’intesa con il Procuratore Mazzeo, di dare priorità assoluta a questa emergente fattispecie di reato che, confluita nell’attività d’indagine denominata “Diablo” e “Diablo 2° tempo”, ha permesso nei mesi di gennaio e dicembre del 2018 di arrestare i capi e i gregari di questa pericolosissima associazione per delinquere arzanese.

Le migliaia di intercettazioni captate ed analizzate dagli agenti del Commissariato di Lanusei, del Nucleo investigativo della Forestale, dei Carabinieri della Compagnia di Lanusei e del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cagliari, hanno evidenziato come gli indagati eseguivano le ricerche archeologiche clandestine per poi “canalizzare” i reperti rinvenuti verso il mercato estero ed in particolare verso quello francese. Qui venivano ricettati e molto probabilmente riciclati grazie a un emigrato sardo-ogliastrino dimorante in Francia.

Nel corso dell’indagine sono state eseguite numerosissime perquisizioni tra le quali le principali dell’08 ottobre 2016 a carico di M.V.B., del 19 dicembre 2016 a carico di C.R. e C.R., del 17 gennaio 2017 a carico di Q.G. e di C.I., del 20 gennaio 2017 a carico di M.G. e M.Gl., del 25 gennaio 2017 a carico di C.F., di S.M., di S. D. di C. M., di D. A.F. e di D.P.; del 17 marzo 2017 a carico di A.S., P.D., D.A.M.M., P.M., M.Gp. e G. S.; del 20 marzo 2017 a carico di C.E.; del 21 marzo 2017 a carico di D. M.Gf. e S.M.; nonché quelle poste in essere a Tunisi (Tunisia) il 29 dicembre 2016 (a carico di C.R. e C.R.) e a Metz (Francia) il 01 dicembre 2017 (a carico di P.C.), che hanno permesso il recupero di diversi reperti archeologici che, sottoposti ad esame tecnico –scientifico dai funzionari delle Soprintendenze di Cagliari e Sassari, sono stati valutati di notevole interesse storico-scientifico.

Tra questi figura anche il sequestro di un intero “sito archeologico” presente all’interno di una proprietà in uso ad un indagato in territorio di Isili (NU) che è stato senza ombra di dubbio un importantissimo obiettivo finalizzato al contrasto del reato perseguito. L’aver messo in luce quel “museo a cielo aperto” – così come definito dagli stessi indagati nel corso di diverse intercettazioni – è da ritenersi un importante contributo non solo al contrasto del fenomeno, ma anche e soprattutto alla tutela del patrimonio archeologico sardo. Ciò è emerso anche grazie alle relazioni tecniche redatte da funzionari archeologi della Soprintendenza di Cagliari che da tempo riconosce l’importanza della zona. L’intervento assai invasivo compiuto dai componenti dell’associazione per delinquere perseguita, altro non ha fatto che danneggiare irrimediabilmente la stratigrafia del sito, causando la perdita definitiva di dati importanti per la ricostruzione storica delle strutture.

Le intercettazioni hanno anche permesso di mettere in evidenza la cattiveria e la pericolosità sociale di alcuni dei personaggi, in particolar modo di quelli arzanesi, autori anche di un danneggiamento a mezzo fuoco avvenuto nella notte tra il 31 marzo ed il 01 aprile 2017 ad una struttura sita in loc. Cea – agro del comune di Bari Sardo. Lo screening investigativo effettuato sull’episodio ha permesso di dimostrare come M. V.B., rivolgendosi a un complice Ogliastrino, facente parte dei 34 soggetti denunciati, abbia organizzato la spedizione punitiva a Cea.

E’ bene ricordare che in Sardegna gli insediamenti archeologici sono così numerosi che, sovente, le segnalazioni relative agli scavi clandestini pervengono alle Autorità preposte alla tutela anche a distanza di anni rispetto alla data della loro effettiva esecuzione. Proprio questo è il problema più rilevante nella protezione del patrimonio culturale in Sardegna che risente sicuramente della scarsa presenza antropica nel territorio, perlopiù concentrata nei maggiori centri urbani (la superfice del territorio si aggira intorno ai 24.000 Km2 circa e la popolazione è di circa 1.680.000 per una densità abitativa pari a 69 abitanti/Km2, tra le più basse d’Italia). La Sardegna possiede un immenso patrimonio archeologico, non esattamente quantificabile, ma sicuramente nell’ordine di migliaia di siti difficilmente controllabili, fra i quali, certamente, alcuni noti solo ai c.d. “tombaroli”. L’odierna crisi economica, peraltro, spinge la delinquenza del settore ad accentuare il fenomeno criminale in considerazione del minor rischio derivante da tali azioni rispetto a quelle legate a diverse tipologie delittuose quali le rapine, le estorsioni, i furti, ecc.

A riprova di ciò si può ben vedere come l’analisi delle segnalazioni per scavi clandestini ricavate dalla Banca Dati dei Beni Culturali illecitamente sottratti gestita dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ai sensi dell’art. 85 D.L.vo 42/2004 riferite agli anni 2010-2018 riportata nel grafico sottostante sia numericamente poco apprezzabile; questo perché, nella maggioranza dei casi, gli scavi illeciti vengono perpetrati in aree isolate del territorio fuori da ogni controllo antropico Questi sono alcuni degli aspetti emersi nel corso dell’attività di indagine che ha visto operare congiuntamente il personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo Forestale, al fine di contrastare l’attività illecita messa in atto da quello che può essere ritenuto un vero e proprio sodalizio criminale, localizzato in particolare Ogliastra e nella provincia di Cagliari, ma con ramificazioni e contatti in tutta l’ Isola e con ambizioni di espansione verso territori nazionali ed esteri.

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