Dovevano essere definitivamente spente nel 2025 per il cosiddetto phase out, ma le due centrali a carbone di Portoscuso e Fiumesanto rischiano di diventare nuovamente strategiche per l’Italia in seguito alla crisi in Ucraina. Poche ore fa il presidente del Consiglio dei Ministri ha infatti auspicato il ricorso al carbone per superare il gap di forniture energetiche previsto nel prossimo futuro. “Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato – ha detto Draghi. Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario”.

La crisi in Ucraina sta facendo salire la preoccupazione per l’approvvigionamento energetico, visto che attualmente circa il 45% del gas importato dall’Italia arriva dalla Russia (dieci anni fa era il  27%). “Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni – ha detto Draghi -. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future.
Il Governo monitora in modo costante i flussi di gas, in stretto coordinamento con le istituzioni europee”.

Ecco dunque il ricorso al tanto discusso carbone sardo. Delle sette centrali italiane due sono dislocate nella nostra isola.

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