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A Cagliari, soprattutto in pieno centro, tra i punti di ritrovo della movida e le piazze adiacenti (Matteotti, Carmine) si stanno moltiplicando gli episodi di violenza, più o meno gratuita. Riguardano spesso giovani annoiati, che hanno scelto la strada del contatto fisico aggressivo come strumento per sfogare la propria rabbia esistenziale.

È un fenomeno da non sottovalutare. Già a gennaio il sindaco Truzzu, consapevole e preoccupato, convocò un vertice sulla sicurezza a Cagliari, in Prefettura. Ma gli episodi si moltiplicano. Un’escalation che va via via intensificando, in concomitanza con l’arrivo della bella stagione.

I protagonisti, nella maggior parte dei casi, sono giovani spesso nemmeno ventenni, che con la scusa di volersi svagare si sfogano violentemente contro i primi che si trovano di fronte. Un evidente segnale di disagio, sociale e culturale. Chi è passato per le strade del centro l’estate scorsa lo sa bene.
Senza generalizzazioni, perché tanti altri giovani invece scelgono di passare una serata in compagnia nel rispetto delle più elementari basi di civiltà e convivenza, il problema è ormai sotto gli occhi di tutti.

Dove si trova la soluzione? Bastano i controlli delle forze dell’ordine che operano costantemente, tutti i weekend, all’ingresso di via Manno e nelle zone adiacenti? Bisogna inasprire ulteriormente le pene per far capire il rispetto delle regole? Basta un regolamento sulla sicurezza?  Evidentemente no. Non basta. Serve qualcosa di più forte, serve cultura. Bisogna investire sulla formazione a partire dai più piccoli, sul concetto stesso di comunità, di vivere in gruppo, di un ritorno al socializzare fuori dai social. Servono le famiglie, gli insegnanti, i vicini di casa, gli amici, i compagni di scuola. In attesa di creare cittadini più consapevoli, sguinzagliare agenti in borghese nelle piazze più frequentate non sarebbe una cattiva idea.

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