Si tratta del più grande ritrovamento in Sardegna di “perline nuragiche” di diversi colori e fogge, tutte situate di fronte all’atrio del pozzo sacro di Sos Muros a Buddusò, in provincia di Sassari. Sono 160 i vaghi di collana in cristallo di rocca e pasta vitrea ritrovati durante gli scavi condotti dalle archeologhe Anna Depalmas e Giovanna Fundoni.

Fino a questo momento, però, il villaggio nuragico databile tra la fine dell’età del bronzo e l’inizio dell’età del ferro, era poco conosciuto. L’insediamento si trova infatti al di fuori del paese, nel bel mezzo di un bosco di lecci e sughere, oggetto in passato – come molti altri – di scavi non autorizzati.

La scoperta è avvenuta giorno dopo giorno, quando un po’ alla volta sono venuti alla luce i vaghi di differenti tonalità e sfumature. “Ogni volta è stata una grande emozione. Si tratta di certo di perline importate – spiega all’Ansa Giovanna Fundoni – le analisi sui materiali ci permetteranno di verificare la loro provenienza. Proveremo anche a individuare attraverso il microscopio se è rimasto qualche frammento di filo – annuncia l’esperta archeologa – utile poi per provare a ricostruire la o le collane”.

Tra le tante, ce n’è una che ha lasciato il segno più di altre: è un pendente a forma di cuore di cristallo di rocca, il più raro, se si pensa che in Sardegna ne è stato trovato soltanto un altro nel vicino santuario di Romanzesu-Bitti e, fuori dall’Isola, nell’Egeo e nel Mar Nero. “Collane di questo tipo sono già note negli insediamenti cultuali nuragici, dove venivano deposte come offerte votive, ma il sito di Sos Muros – precisa Fundoni – vanta sicuramente il primato per il più alto numero, e varietà, di vaghi di collana finora rinvenuti in un unico contesto”.

La scoperta testimonia l’importanza dell’area nuragica di Buddusò come centro recettore di manufatti di pregio di provenienza extrainsulare: le ragioni sono da ricercare nella posizione strategica dell’insediamento, che si affaccia sul fiume Tirso, tra le più importanti vie di comunicazione naturali. Ma c’è di più: il ritrovamento conferma anche il ruolo dei luoghi di culto nuragici nella circolazione e distribuzione di beni di lusso, anche di origine esterna.

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