(Foto credit: Roberto Saviano Instagram Page)

Erano presenti anche Michela Murgia e Marcello Fois alla prima udienza di ieri del processo che vede coinvolto Roberto Saviano con l’accusa di diffamazione ai danni di Matteo Salvini dopo alcuni post social pubblicati nel 2018.

“Sono fiero di essere imputato”, dice lo scrittore napoletano sotto scorta dal 13 ottobre 2006 in seguito alle minacce di morte ricevute dai boss camorristi per la pubblicazione del suo primo romanzo “Gomorra” in cui denuncia il sistema malavitoso dei clan campani.

Durante l’udienza, Saviano ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee riguardo l’episodio risalente a cinque anni fa, quando aveva definito il leader leghista “ministro della malavita”. Per lo scrittore partenopeo “era divenuto intollerabile come si relazionava al Sud Italia, utilizzandolo come bacino di voti facili. Cancellare la scorta, come Salvini invoca da anni, significava cacciarmi dal Paese, esattamente come auspicato da migliaia di loro simpatizzanti dopo le elezioni che hanno visto nascere quest’ultimo governo”.

A supportare Saviano in aula erano presenti altri colleghi, scrittori come lui, e in generale esponenti del panorama culturale e letterario italiano. Oltre a Michela Murgia, che da sempre condivide la battaglia per la libertà di critica politica insieme all’autore napoletano, c’erano anche Marcello Fois, Chiara Valerio, Mario Desiati, Teresa Ciabatti, Chiara Tagliaferri, Mattia Venturi, Sabrina Silvestri, Marcella Libonati e Costanza Elmi.

Lo fa sapere lo stesso scrittore sulla sua pagina Instagram che pubblica una foto con alcuni di loro: “Grazie per essere stati oggi con me”, scrive nel post.

La stessa foto viene poi condivisa anche da Murgia, nel suo profilo Instagram, dove interviene in merito al dibattito: “[…] Matteo Salvini, un politico con responsabilità di governo, sta cercando di criminalizzare e intimidire – attraverso le querele d’opinione a Saviano – l’esercizio stesso del diritto di critica. Ecco perché anche stamattina con Roberto nell’aula 15 gli scrittori e le scrittrici erano tant3, di persona e idealmente, e continueranno a esserci per tutta la durata di queste cause intimidatorie: ci è chiaro che il loro vero scopo è spaventare e far tacere ogni voce dissenziente”.

“L’udienza era a porte aperte, ma la giudice sembrava sorpresa che tutti i posti del pubblico fossero occupati. Chi siete, ci ha chiesto. Amici, le abbiamo risposto, ed è la verità. Amici e amiche di Roberto, consapevoli che difendere la sua voce significa proteggere la libertà delle nostre e di quelle che verranno”, conclude Murgia.

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