In Evidenza Antonello Menne: “I Cammini sono occasioni per scoprire noi stessi”

Antonello Menne: “I Cammini sono occasioni per scoprire noi stessi”

Negli anni, Antonello Menne è diventato a poco a poco una istituzione, facendo conoscere scorci incantati e in parte poco conosciuti della Sardegna: ecco cosa ci ha raccontato

Avvocato, prima di tutto. Poi un professionista dei cammini, a tal punto da essere il padre di uno (quello di Bonaria). Antonello Menne è diventato a poco a poco una istituzione, facendo conoscere scorci incantati e in parte poco conosciuti della Sardegna.

Da Orotelli a Milano, dove si è laureato. E dove ha iniziato a esercitare la sua professione. Diventando anche docente all’università. Da figlio di operai ha concepito il lavoro come una grande conquista sociale.

Nel tempo, però, ha provato a riconquistare una parte di sé che pareva dimenticata. L’attività sociale e il volontariato, in particolare. Da qui è partita una nuova fase di un lungo percorso.

Quando è cambiata la sua vita?

10 anni fa, dopo tanti anni dedicati in modo totalizzante alla professione, ho sentito l’esigenza di ritornare alle radici, a quella dimensione più essenziale, di “povertà”: nel mese di agosto, anziché buttarmi nelle spiagge assolate del mare sardo, ho preso lo zaino per andare a Santiago, senza troppi preparativi. È stata la svolta. Da allora, ogni anno, per almeno un mese, stacco con il mondo per sentire il rumore dei miei passi e disconnettermi dal mondo. Ho fatto tanti cammini: 4 volte Santiago, la Via Francigena partendo da Canterbury. Poi da Milano a Roma, da Roma a Gerusalemme passando da Otranto. Via di Sant’Antonio e di Francesco. Ora il Cammino, con tutti i suoi insegnamenti è nelle vene, una delle componenti più importanti della mia vita.

Il suo nome è legato al Cammino di Bonaria: come nasce il percorso?

Il Cammino di Bonaria nasce nel 2020. Durante il lockdown duro feci una promessa: appena ci rimetteranno in libertà, ritornerò a piedi a Cagliari, precisamente a Bonaria. Così fu. Partii da Milano con mio figlio Luca, attraversai gli Appennini fino alla Liguria. Lì ci fu il cambio. Chiara (l’altra figlia) prese il posto di Luca. Ci imbarcammo per Bastia e da lì percorremmo tutta la Corsica fino a Bonifacio. Sbarcai quindi a Olbia per attraversare tutta una dorsale interna della Sardegna (avevo studiato il percorso nelle notti del lockdown). Mi affiancò Zigheddu, un uomo di 82 anni. Voleva essere il Cammino del ritorno, ma ben presto divenne il Cammino di Bonaria. In ogni contrada ci fermavano incuriositi dai nostri zaini, quando scoprivano che eravamo diretti a Bonaria scattava una gara di solidarietà e di affetto, anche da parte dei non credenti. Una volta rientrato a Milano, ho pensato: “ci sono le condizioni per progettare e rendere stabile il percorso”.

Ha trovato più difficoltà o più facilità nel fare rete e così far abbracciare cultura, turismo e radici?

A Lula, nell’ottobre 2021, abbiamo costituito l’associazione “Il Cammino di Bonaria” con l’obiettivo di promuovere il cammino, stabilendo i principi e le regole guida: (i) massimo coinvolgimento dal basso delle comunità locali, (ii) totale gratuità del progetto (non abbiamo preso e non prenderemo un soldo dalla finanza pubblica), (iii) un cammino aperto a tutti, giovani e anziani, credenti e non credenti. In ogni paese (sono 29 i centri abitati attraversati dal Cammino) e nei luoghi simbolo abbiamo posato le pietre in granito bianco con la scritta “Siste viator”, fermati pellegrino, perché ti trovi in un luogo importante. Abbiamo consolidato il progetto, coinvolto i cittadini. Un grande lavoro di squadra e un grande entusiasmo. Quando si fanno le cose con metodo e con spirito di autentico servizio le persone rispondono.

Lei ha affrontato diversi cammini in questi anni. Ne consiglierebbe uno? Se sì, quale e perché?

Ho fatto molti cammini e tutti hanno elementi in comune ma ciascuno ha la sua storia. Amo il Cammino come dimensione di vita, luogo per evadere ma soprattutto per incontrare le persone, anche quando stai vivendo il pieno della contemplazione. Il Cammino francese verso Santiago è il più conosciuto e strutturato, con oltre 11 secoli di storia. Molti altri sono meno frequentati. Li amo tutti. Ho nel cuore Via de la Plata, da Siviglia a Santiago, 1000 km in solitudine, almeno nel mese di agosto quando l’ho fatto io (2021). Bisogna partire preparati, per me rimane tra i più belli. Ho poi nel cuore da Roma a Gerusalemme, fatto nel 2019 con i miei figli, un susseguirsi di emozioni perché abbiamo fatto esattamente il percorso di Gesù dall’Alta Galilea fino a Gerusalemme. Quando in un posto ci passi a piedi capisci molte cose e io ho capito moltissimo di quanto sta succedendo in questi mesi nella martoriata Gaza.

Sempre più spesso ci sono persone che decidono di affrontare il trekking o dei cammini. Perché secondo lei? Glielo chiedo per la diatriba in corso: c’è chi parla di “moda” e c’è chi parla di “scoperta” o “riscoperta” di sé

Ci sono tante motivazioni quando si sceglie di fare un lungo cammino. Non credo che sia una moda. Credo piuttosto la ricerca di qualcosa, al cammino si arriva dopo una chiamata. Se non hai forti motivazioni interiori dopo due giorni te ne rientri a casa. Solo nel cammino la fatica si trasforma in energia e poi in gioia. E poi è una grande occasione per scoprire un milione di cose di noi stessi, pensiamo di conoscerci fino in fondo e invece spesso siamo dei perfetti sconosciuti a noi stessi.

A proposito di scoperta: cosa ha avuto modo di scoprire in questi anni?

Ho scoperto che noi sardi siamo molto curiosi delle cose semplici perché, come insegna San Francesco, nelle cose semplici passano le grandi sfide della vita. Ogni volta che faccio il Cammino di Bonaria sento addosso lo sguardo di tutte le persone che incontro, quello sguardo autentico tutt’altro che morboso. Una sorta di attrazione per lo zaino, perché in quel sacco c’è molta storia millenaria della nostra terra.

Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it