I social media hanno aperto orizzonti, territori che Danilo Contu ha deciso di esplorare. Provando a divulgare con leggerezza ma anche tanta preparazione l’essenza della lingua sarda, le storie che l’accompagnano e accompagnano una terra che talvolta fa fatica a riconoscere il cuore delle proprie tradizioni.
Ma si può catturare l’attenzione di un pubblico ampio come quello di Instagram (100 mila follower) o di Tik Tok (oltre 25 mila) mischiando piccoli sketch divertenti e racconti curiosi sulla Sardegna?
Con la pagina “perchéiocontu”, il content creator e divulgatore (ormai) sassarese ha saputo unire in un unico coro una platea interessata e partecipe, mai banale, anzi in grado di ritrovarsi nei temi proposti da Contu nei video.
Si fa presto a dire “influencer”: è un termine che ti si addice o nel tempo credi ti rappresenti anche qualcos’altro?
Se tu mi avessi fatto la stessa domanda quattro anni fa, probabilmente sarei stato più rigido nella risposta. Questo perché sono stato “vittima” del racconto negativo che spesso si fa di questa professione: vengono visti perlopiù come scrocconi, come persone senza arte né parte. Poi con il tempo ho rivalutato sia la professione che le persone che la svolgono perché ho capito che, come in qualsiasi professione, ci sono i professionisti e i ciarlatani. Io non mi sono mai definito influencer, preferendo piuttosto “content creator”, ma non per un senso di superiorità, semplicemente perché non penso di poter influenzare nessuno. Per me Instagram é l’opportunità che non ho avuto al di fuori degli schermi: un palcoscenico tutto mio, un posto sicuro in cui esibirmi.
Qual è stata la scintilla che ti ha spinto a puntare sui social e sui contenuti per i social?
La scintilla è partita nel 2018, quando su Facebook iniziai a pubblicare dei video in cui scimmiottavo scene di film o interpretando personaggi nuovi che rappresentavano il cliché dell’italiano medio. Non ebbi un grandissimo riscontro, salvo con i miei amici e conoscenti, ma all’epoca l’algoritmo non premiava i video ma le fotografie. Poi nel 2022 escono i Reel e da un video andato virale non ho più smesso. Ho capito che potevo farmi sentire da più persone ed esprimere la mia creatività in tutte le sue sfaccettature.

Si dice che il sardo sia permaloso e poco incline alla risata in compagnia. Dai tuoi contenuti, quanto questa voce è stata ribaltata (o non ribaltata)?
Una bella fetta di sardi è permalosa e poco incline a fare autocritica, questo é un dato di fatto. Io ho ricevuto i peggio insulti per aver mosso critiche rispetto ad alcune cose che non vanno bene nella nostra Regione, ma anche per video in cui semplicemente interpretavo il sardo in alcune circostanze. Inizialmente ci rimanevo malissimo, poi ho maturato la consapevolezza che a lavare la testa all’asino di perde tempo e sapone, perciò io continuo a fare quello che voglio, tanto qualunque cosa facciamo troveremo sempre qualche detrattore.
Cosa rappresenta per te il sardo e la Sardegna? Quanto sono “di cuore” per te?
Ti darò una risposta diplomatica ma onesta: sto ancora cercando di capirlo. Sono arrivato in Sardegna quando avevo 7 anni e non l’ho mai sentita “casa”. Fin dai primi mesi, ho sempre sentito il peso del provincialismo, del bullismo e questo non mi ha fatto amare questa terra. Ho vissuto all’estero per lavoro e studi universitari e durante quegli anni ho sentito quell’ossigeno che in Sardegna non ho mai sentito. Una volta tornato, non mi sono sentito grato di vivere qui, ma avevo due strade da percorrere: andarmene via per sempre o provare a innamorarmi di questa terra ogni giorno, con dedizione. Questo è quello che sto facendo oggi. Ogni giorno do l’opportunità a me stesso di scoprire cose nuove della Sardegna e dei sardi e spesso rimango sorpreso. Il sardo, però, quello ce l’ho nell’anima: sogno in sardo e determinati concetti riesco ad esprimerli solo ed esclusivamente in sardo! Ma é una cosa che sto approfondendo in un romanzo che sto scrivendo e che spero veda la luce al più presto, perché sono sicuro che come me ci sono tantissime altre persone.

La divulgazione è un contenuto importante del tuo lavoro. Da cosa nasce la volontà e che scoperte fai ogni giorno?
La divulgazione è nata per caso: i primi anni ho fatto contenuti esclusivamente comici, leggeri. Poi l’anno scorso, girando la Barbagia con Instagram per raccontare la storia di ogni Comune, ho riscoperto il piacere per la storia. Quando ho iniziato a lavorare in tv con il mio programma “Lost in Sardinia”, dove faccio esattamente quello che facevo online, ho avuto la conferma di questo sentimento: raccontare la storia mi piace, da morire! Così qualche mese fa ho terminato la prima stagione di “Sinteticamente Sardegna”, il mio format in cui condivido curiosità sui personaggi che hanno dato lustro alla Sardegna o personaggi sardi storici importanti.
Credi che la storia sarda sia ancora in buona parte inesplorata da chi vive l’isola? Se sì, cosa manca per far crescere la consapevolezza delle nostre origini?
La storia è poco proposta nelle scuole, ma non per disinteresse, ma perché il sistema scolastico non lo permette ai docenti. In uno Stato in cui i tagli all’Istruzione sono sempre più importanti, un insegnante si ritrova a dover scegliere di cosa parlare e agevolare gli studenti per la maturità e alla maturità non si parla di storia della Sardegna. Per questo motivo per me la divulgazione è un regalo che sto facendo anche a me stesso: studio l’argomento, lo rielaboro, cerco una chiave leggera d’esposizione e condivido. Credo tanto in questo progetto e spero un giorno possa diventare qualcosa di più grande. Ora siamo in due a lavorarci, io e Alessandro Milia, il mio revisore storico che mi “tira le orecchie” quando trascuro parti di una storia o le reinterpreto in modo approssimativo. Ogni volta imparo cose nuove e per me è fondamentale avere sempre nuovi stimoli!
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