Dimmi a che fermata scendi, e ti dirò chi sei. Quando si decide di andare a farsi un bagno al Poetto, la “spiaggia dei cagliaritani”, bisogna prima decidere che tipo di esperienza si vuole fare. Non è la Costa Smeralda, con un pacchetto-vacanza ben definito prima della partenza, ma un mix di piccoli mondi, ciascuno con i propri riti e regole non scritte che vanno avanti da sempre.

Per dirla come un turista berlinese, il Poetto è “multikulti” e per questo vivrà più a lungo.

Il litorale tanto amato dai cittadini del capoluogo ha infatti una linea di trasporti dedicata sin dal 1913: la P di Poetto, appunto. A seconda del proprio target di riferimento, è bene prenotare con cura la fermata prima di lasciare il bus.

Chi preferisce una giornata di comfort e relax, tra un primo di mare e un selfie con la Sella del Diavolo sullo sfondo, va a Marina Piccola, dov’è possibile sfoggiare l’ultimo accessorio “in” acquistato alla Rinascente. Verso sera, i più intraprendenti lasceranno la propria postazione per dirigersi verso le Palmette per un aperitivo instagrammabile.

Gli abbonati agli storici stabilimenti balneari sceglieranno quelli del D’Aquila o del Lido, una volta centro della movida isolana, quando Porto Cervo era ancora un posto come tanti, e oggi ritrovo dell’élite calgiaritana. Perfetto per chi non ha nessuna intenzione di trainare borsoni, frigo e giocattoli rischiando un’ernia del disco, e affida tutti i suoi averi – un tablet e un paio di Airpods -, alle cabine degli stabilimenti. Qui si va per conto proprio, in coppia o in famiglia, e si accede agli ultimi gossip cittadini con un passaparola che va di sdraio in sdraio.

Ma al Poetto c’è spazio per tutti e poco dopo i due poli della “Cagliari bene”, c’è la terza fermata: qui si accampano le famiglie che non possono fare a meno del trasportino a rotelle carico di tutto l’occorrente necessario per impegnare i propri figli sul bagnasciuga dal primo all’ultimo minuto della sosta. Alle due del pomeriggio si va al bar a prendere il caffé e il gelato per i più piccoli. Alle cinque è ora di sbarazzare tutto, togliersi la sabbia dai piedi prima di salire in macchina, e tornare a casa.

Più avanti il target si fa più movimentato: chi sceglie “la quarta”, è sicuramente un ragazzino under 18 che passerà l’intera giornata sotto il sole senza protezione contro i raggi UV, tra una gara di tuffi e una partita a pallone alle tre del pomeriggio. Alla fine della stagione estiva, è garantito un colorito simil bronzo di Riace.

La quinta e la sesta fermata sono un ritrovo per trentenni (e poco oltre) che iniziano a confrontarsi sul caro prezzi degli affitti a Cagliari, l’impossibilità nella ricerca di un lavoro stabile e la prossima cena a casa tra i pochi che non hanno ancora fatto le valigie in cerca di fortuna all’estero.

In fondo in fondo, ci sono gli intellettuali, che in isolamento, in un’atmosfera decadente con l’ospedale vecchio abbandonato a far da cornice, leggono David Foster Wallace e prendono appunti sulla loro Moleskine. Di sera si godono i concerti rock del Corto Maltese sorseggiando un’Ichnusa o in alternativa un’Ichnusa non filtrata.

Nello stesso raggio si trova il Fico d’India, il punto d’incontro della comunità gay-LGBT della città che ogni sera offre spettacoli queer a cui partecipa il pubblico più disparato: è un’oasi in cui le contraddizioni di ciascun spettatore vengono a galla e ci si ricorda che il Poetto è tutto e il suo contrario.

È l’immagine riflessa della città cui appartiene: fatta di piani alti e bassi, nativi doc e cagliaritani d’adozione, giovani in cerca di “svoltare” la serata così come fanno con la propria vita, e i veterani, a cui piace ricordare che prima la sabbia era “bianca bianca” e ci si trovava ai casotti a raccontarsi del più e del meno: sempre lì, al Poetto di Cagliari.

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