allarme-zanzara-tigre-in-sardegna-48

“Quest’anno tra giugno e luglio, qui a Sassari è stato osservato un nuovo caso di malaria in coincidenza della ripresa della mobilità verso i paesi a elevata endemia”, sostiene il professore di Malattie Infettive all’Università di Sassari Giordano Madeddu.

Lo stesso coordina nella città del Nord Sardegna un progetto di monitoraggio della malaria. Si chiama Nomal (Network for severe malaria treatment) e a livello nazionale è diretto dall’Irccs Lazzaro Spallanzani di Roma.

“L’attività – afferma il docente sassarese – si propone di creare un registro dei casi di malaria complicata-grave d’importazione attraverso un servizio di sorveglianza condotto in dodici centri sentinella nazionali rappresentativi per area geografica. Nel 2019 erano stati osservati cinque casi di malaria complicata, mentre lo scorso anno non sono stati registrati casi di importazione”.

Una situazione quest’ultima legata anche alle restrizioni imposte dalla pandemia, con i vari lockdown che hanno ridotto i viaggi all’estero.

“La malaria di importazione – spiega il professore – rappresenta un problema clinico ed epidemiologico rilevante in molti Paesi europei considerati da tempo malaria-free. Circa seimila casi di malaria di importazione vengono riportati annualmente in Europa e approssimativamente il quattro per cento di essi progredisce verso la malaria grave”.

L’assenza di immunità parziale nei viaggiatori affetti da malaria d’importazione, di ritorno da aree ad elevata endemia, potrebbe essere associata ad elevati livelli di parassitemia e quindi a un decorso più grave e potenzialmente infausto della malattia.

Secondo i dati di Epicentro, grazie ai progressi compiuti negli ultimi vent’anni nel controllo della malaria, a livello mondiale il numero di casi si è ridotto del ventisette per cento nel periodo 2000-2015 e la mortalità è calata del quarantacinque per cento dal 2000 al 2019.

Ma il docente sassarese richiama l’attenzione sugli effetti che la pandemia potrebbe provocare sui sistemi sanitari dei Paesi endemici. “Si tratta di aree che hanno sia una ridotta capacità diagnostica sia di approvvigionamento di farmaci di prima linea – avverte Giordano Madeddu – e questo potrebbe invertire questa tendenza virtuosa in assenza di interventi urgenti”.

Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it