Il Governo Draghi ha destinato a progetti di digitalizzazione il 27% dei 235 miliardi di risorse comprese nel Pnrr e nei fondi React-Eu. Eppure, quasi l’80% degli imprenditori sardi non ritiene strategico uno sviluppo della propria azienda in ottica 4.0: il 77% ha dichiarato poca conoscenza di questi temi e il 22,5% una conoscenza solo sufficiente.

Ma c’è di più. Il 57% degli artigiani sardi ritiene che la propria azienda abbia un livello di informatizzazione sufficiente, il 6,4% addirittura un livello elevato. L’81% degli artigiani isolani limita la propria tecnologia all’uso di software per la pianificazione delle risorse aziendali come gestione del magazzino e contabilità. Meno di un’impresa su dieci utilizza l’e-Commerce. Solo il 3,3% delle imprese sarde ha intenzione di incrementare gli investimenti in ricerca e sviluppo, il 14,8% intende investire in tecnologia e digitalizzazione, solo il 7,8% intende incrementare gli investimenti in capitale umano e formazione.

Un atteggiamento che potrebbe costare caro allo sviluppo dell’Isola, considerando che l’industria 4.0 è ormai realtà e potrebbe aiutare le aziende sarde a migliorare le condizioni di lavoro, creare nuovi modelli di business, aumentare la produttività degli impianti e migliorare la qualità dei prodotti. Si pensi, ad esempio, alle opportunità legate alla riduzione dei consumi energetici nei processi produttivi, grazie alle informazioni fornite in tempo reale da sensori Iot (Internet of things); alla stampa 3D che permette di realizzare qualunque componente, persino in ambito edilizio, in modo rapido e standardizzato, riducendo costi e tempi di produzione. La tecnologia migliora anche la logistica interna ed esterna e ridimensiona i costi di stoccaggio, permettendo di monitorare il ciclo delle scorte in tempo reale, aiutando le pmi a valutare cosa comprare e cosa produrre, in un’ottica di riduzione degli sprechi, contenimento dei costi e miglioramento della sostenibilità ambientale.

Non si tratta di un passaggio facile, e nemmeno esente da rischi d’impresa, ma ciò che non dovrebbe mancare è la consapevolezza che nel giro un decennio o poco più i processi di impresa, produttivi e di gestione, andranno necessariamente in questa direzione, una realtà di cui dovrebbero prendere atto anche le piccole e medie imprese della Sardegna, beneficiando, peraltro, delle opportunità offerte dalle politiche pubbliche orientate a sostenere lo sviluppo del tessuto produttivo in tal senso. Come è noto il Pnrr italiano prevede oltre 222 miliardi di investimenti con la finalità principale di ridurre i divari territoriali, generazionali e di genere, focalizzando gli interventi in sei ‘missioni’: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. La digitalizzazione si colloca quindi al primo posto tra gli obiettivi strategici del Governo, ma purtroppo le imprese artigiane sarde rischiano di beneficiarne in maniera assai marginale.

“Innovazione tecnologica, digitalizzazione, istruzione e qualificazione del capitale umano sono i driver su cui costruire un processo di riposizionamento qualitativo del tessuto produttivo isolano”, hanno dichiarato il presidente Cna Sardegna Pierpaolo Piras e il segretario regionale Francesco Porcu.

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