C’è la paura del contagio, certo. C’è che molti sono stati raggiunti dalla variante Omicron, certo. C’è il fatto che i non vaccinati hanno precluso anche il servizio a tavolino all’esterno, il freddo gelido di gennaio, il fatto che gli spettacoli, le mostre e in genere gli eventi sono in stand-by. Ma c’è anche una nuova abitudine: quella che si sta radicando, in giovani e meno giovani. Quella di non uscire più di casa.

Fatto è che anche Cagliari (non solo Cagliari) la città sembra disabitata, anche nei giorni festivi. I primi a pagarne le spese sono i ristoranti, che tra Castello, Stampace e Marina “restano vuoti e – quando proprio va bene – si pareggiano le spese con gli incassi” scrive l’Unione Sarda in un servizio di approfondimento. E aggiunge: “I crolli dei coperti negli esercizi commerciali arrivano al 70 per cento dei coperti, a pagare il prezzo è anche la salute mentale”. Anche nei negozi di abbigliamento scarseggiano i clienti. E sì che siamo in periodo di saldi.

Anche questo è un fatto. A cui se ne aggiunge un altro. I giovani non escono più, si sono rassegnati. I locali sono vuoti, le strade deserte, le discoteche chiuse, le feste bandite, le piazze sembrano uscite da un film di Antonioni: malinconiche, metafisiche e vuote. Ufficialmente non c’è nessun lockdown ma i ragazzi non vivono più. “Quando, all’inizio della pandemia, i giovani uscivano la sera e pervicacemente si assembravano li trattavamo da irresponsabili. Non avete capito che così facendo spargete il virus come incenso da un turibolo e appestate le città, uccidendo i più deboli, cioè noi?! Li abbiamo fatti sentire in colpa quando sgattaiolavano fuori per accoppiarsi. Mi porti in casa la peste! Non ti basta fare sesso virtuale, scambiarti dei bei messaggi erotici e poi arrangiarti da solo/a? Li abbiamo chiusi a chiave nelle loro stanzette, piazzandoli davanti a uno schermo. Gli abbiamo impedito persino di andare a scuola pur di salvarci la vita. E loro, anziché ucciderci uno a uno, si sono piegati alle circostanze, sono tornati ad abitare nelle loro stanzette di adolescenti, nelle case dei genitori che faticosamente erano riusciti a lasciare” scrive Elena Stancarelli su La Repubblica.

Tutelare la Salute è sicuramente dovere. Tutelare la vita, individuale e collettiva, il primo dovere di uno stato di diritto. Che fare?

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