Luca è un paziente che utilizza la cannabis a scopi terapeutici. Come tanti, da ragazzo, ha iniziato ad utilizzare la cannabis ricreativa e quando la utilizzava i suoi mal di testa diminuivano di intensità ed erano più brevi. Stava meglio. Dopo anni di sofferenze e incertezze su quale fosse la sua patologia ha iniziato una terapia, ma le medicine non funzionavano, nonostante prendesse cinque pastiglie al giorno. Le sue emicranie erano lancinanti. Prima pochissimi medici prescrivevano la “cannabis medica” che si poteva reperire in un’unica farmacia in tutta la Sardegna che, peraltro, pur di non interrompere le terapie dei pazienti, la comprava dai fornitori e rivendeva ai malati andando in perdita. Pian piano però, l’utilizzo di questa particolare terapia è stato sdoganato e Luca è finalmente riuscito a farsela prescrivere. “Io, come anche tanti altri – dice – sto meglio solamente quando ne usufruisco. Ci sono molti pazienti che riescono ad avere una qualità di vita migliore grazie ad una pianta facilmente coltivabile nel proprio giardino. Il problema è che il nostro Stato non riesce a garantire una fornitura adeguata costringendoci a ricorrere a terapie farmacologiche non funzionanti e molto più invasive”.

In Italia, infatti, la legge non è chiara, perciò attualmente anche un coltivatore che rientra nella norma (massimo 0,2% di presenza del thc, il principio “ricreativo” della cannabis) può incorrere in sanzioni o procedimenti penali.

Del referendum “cannabis legale” si è parlato ieri a Cagliari durante un interessante incontro in Piazza Galilei, organizzato dal consigliere comunale di Cagliari e coordinatore del circolo “Sergio Atzeni” Matteo Massa, al quale hanno partecipato Aldo Luchi, avvocato facente parte dell’Associazione Luca Coscioni, Nicola Fanni, canapicoltore. “La lotta alla cannabis light è una volontà politica – ha detto Fanni –: la Sardegna potrebbe essere il maggior produttore per mezza Europa, data anche l’impossibilità produttiva degli stati del nord, ma manca una visione. Sarebbe un prodotto da valorizzare, invece ci hanno svenduti alle case farmaceutiche”.

Al convegno è intervenuta anche l’avvocato Claudia Piroddu di ForJus, un team di legali che, negli ultimi mesi, è stato molto attivo nel campo della tutela dei diritti civili: infatti, oltre ad aver approfondito il tema della cannabis e della canapa sativa attraverso la pubblicazione online di diversi articoli e pillole di diritto, ha partecipato attivamente alla raccolta firme per il referendum per l’eutanasia legale.

Ma perché è importante la legalizzazione? “Da un lato ci troviamo davanti al fallimento delle politiche repressive perché il mercato illegale della cannabis continua a diffondersi ed è dominato dalla criminalità organizzata – risponde l’avvocato Piroddu-. Dall’altro lato non può trascurarsi che l’ultimo orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha riconosciuto la piena ammissibilità delle condotte di coltivazione cbd domestica, (cannabidiolo, principio terapeutico e non psicoattivo della cannabis, ndr.) in quanto destinata all’uso personale del coltivatore. Eppure, trattandosi di requisiti previsti dalla giurisprudenza ma non fissati dalla legge, c’è comunque il rischio di subire un procedimento penale. La legalizzazione consentirebbe, quindi, al consumatore di coltivare e assumere lecitamente la sostanza senza incorrere in alcuna conseguenza di natura penale o amministrativa”. E a coloro che sostengono che la legalizzazione possa essere un incentivo per l’utilizzo il legale replica: “Finora, la sussistenza di una norma che punisce anche la coltivazione di minime dimensione non ha avuto alcuna efficacia deterrente, né si assiste ad un decremento significativo del consumo di cannabis. D’altra parte, non possiamo trascurare che la cannabis venga utilizzata, ad esempio, per finalità terapeutiche”.

Durante l’incontro è stato ascoltato anche un intervento videoregistrato di Marco Cappato, attivista e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. L’ex europarlamentare, sostenitore della legalizzazione della cannabis, vede il referendum come un’occasione per portare avanti delle leggi di iniziativa popolari che i partiti non sono mai riusciti a portare in Parlamento. “E’ un’occasione per il rilancio della Democrazia in un ambito dove la politica del proibizionismo ha chiaramente fallito promuovendo le criminalità organizzate”.

L’incontro si è concluso con una raccolta firme all’uscita e con la promessa di provare a portare agli occhi delle istituzioni questo tema che aiuterebbe ad affermare non solo una nuova visione, ma anche tantissimi nuovi posti di lavoro e una legge che migliori la vita dei pazienti che utilizzano la cannabis terapeutica.

Servizio di Michele Zorco

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