Il carcere di Uta è al limite e non può accogliere altri detenuti, soprattutto se sottoposti al regime del 41 bis. Anche Irene Testa, garante regionale delle persone private della libertà personale, si unisce al coro di proteste dopo la notizia del possibile trasferimento di 92 detenuti in regime di carcere duro e l’ipotesi di un ampliamento della struttura tramite container, previsti dal nuovo piano carceri del ministro Carlo Nordio.
“La preoccupazione che la struttura potrebbe essere ampliata con i moduli container, previsti dal piano carceri del ministro Nordio, aggiungerebbe dramma al dramma” denuncia Testa. In una recente visita all’istituto penitenziario, la garante ha rilevato numeri allarmanti. Si parla di 685 detenuti a fronte di 140 agenti operativi, spesso ridotti allo stremo, costretti a turni estenuanti in condizioni climatiche proibitive. Non solo: fuori dal periodo estivo, il personale sale a 314 agenti contro i 394 previsti dalla legge, mentre medici, infermieri e forniture farmaceutiche risultano gravemente insufficienti.
Per Testa è impensabile che si decida di ospitare altri detenuti a Uta. “Il Piano del ministro Nordio anziché puntare sulla riqualificazione delle strutture vuole creare un carcere-container non adatto alle esigenze delle persone, in spregio a qualunque umanità”.
Sulla questione intervengono anche il senatore del Pd, Marco Meloni, e il collega deputato Silvio Lai. Gli esponenti dem chiedono che Nordio riferisca in Parlamento: “La Sardegna è stata definita dalla magistratura territorio a rischio di radicamento mafioso” dice Meloni.
“Aumentare la presenza di detenuti sottoposti al 41-bis, rendendo la Sardegna la prima regione d’Italia per presenza di detenuti in regime di carcere duro, senza potenziare al contempo organici e strutture, significa creare le condizioni per un’escalation criminale. Ho presentato questa vicenda in Parlamento chiedendo risposte immediate. Il Ministro venga con urgenza in Aula a riferire“.
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