Quando si parla di contratti nello sport siamo abituati a parlare di cifre, di scadenze e di clausole. Non è il caso dell’accordo siglato questa settimana tra Achille Pollonara e la Dinamo Sassari.
La Dinamo, infatti, ha scelto di riabbracciare uno dei giocatori che ha saputo lasciare il segno in biancoblù, ma che a 33 anni ha scoperto di dover affrontare una lotta contro la leucemia mieloide diagnosticata a giugno. Polonara ha affrontato due cicli di chemioterapia in Spagna prima di rientrare in Italia, a Bologna, per sottoporsi al trapianto di midollo osseo.
Nelle scorse settimane il video del suo ritorno a casa, accolto dai figli Achille Jr. e Vitoria, aveva emozionato i social. Ma ora arriva un segnale forte e concreto di speranza. La Dinamo gli ha offerto la possibilità di tornare a giocare, non “se” sarà possibile, ma “quando” sarà possibile. Significa dare a un ragazzo ancora giovane un altro motivo per lottare, oltre che per la sua famiglia, anche per la cosa che ama fare di più.
Insomma, non si parla di un accordo di cessione delle prestazioni sportive. Si parla di una firma sulla vita, sulla motivazione di combattere e sulla riconoscenza per quello che ci si è dati reciprocamente in passato. Tra il 2017 e il 2019 Polonara aveva già vestito con successo la maglia sassarese, conquistando la Fiba Europe Cup e sfiorando uno scudetto sfumato solo in gara 7 contro Venezia.
Uscendo dalla sfera sportiva, però, apriamo una grande parentesi su un tema di più ampio respiro. Nei Paesi industrializzati cresce il numero di persone che sopravvivono al cancro, ma con la guarigione si apre la sfida del ritorno al lavoro. Il reinserimento lavorativo dei pazienti oncologici è oggi al centro dell’interesse della comunità scientifica, che studia i fattori sociali, psicologici e legislativi legati a questa fase.
Riprendere le proprie attività dopo un tumore non è semplice. Molti ex malati devono fare i conti con conseguenze fisiche, emotive ed economiche, oltre a barriere culturali e discriminazioni. Una ricerca condotta negli Stati Uniti, pubblicata nel 2016 dall’American Psychological Association, analizzava le opportunità di lavoro di 200 candidati per ruoli di vendita al dettaglio in tre grandi centri commerciali.
Il risultato? A parità di esperienza e competenze, chi aveva dichiarato nei colloqui di aver avuto un tumore riceveva meno richieste per un secondo incontro rispetto a chi non ne parlava. Un dato che confermava quanto osservato anche in Italia.
Un altro studio significativo arriva dalla Norvegia, presentato al congresso Esmo di Madrid nel 2017. L’indagine ha coinvolto 1.198 persone a cui, tra il 1985 e il 2009, era stato diagnosticato un tumore in giovane età (19-39 anni) e che erano vive nel 2015. Solo il 60% degli intervistati risultava occupato a tempo pieno, con maggiori difficoltà per donne e soggetti fragili.
Vista da questo lato, si può capire la portata del messaggio della Dinamo e di Achille Polonara. Ingaggiare un giocatore nel pieno di una battaglia per la vita è un segnale di fiducia per tutte le persone che combattono una battaglia simile. Lo sport deve essere questo. Giù il cappello per la Dinamo e tutti con Achille.
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