Quando Michele Kettmaier ha imparato a usare il PC, smanettava sul registratore audio per caricare il software del suo primo ZX Spectrum 16K. Era il 1984 e di lì a poco si sarebbe arrivati a una rivoluzione tecnologica senza precedenti: il world wide web.

A partire dagli anni ’90 l’esperto di web, innovazione e tecnologie, progetta e partecipa alla realizzazione di alcuni portali nazionali e webtv tra cui Rai 3, unimondo.org, FAO e Università la Sapienza di Roma.

Poi arrivano gli anni Duemila e Kettmaier si fa trovare pronto anche in questa occasione con un’importantissima partecipazione all’installazione della postazione Internet più alta d’Europa, al rifugio Caduti dell’Adamello.

Nel 2012 vince il premio PWI come speciale riconoscimento alla Carriera per aver contribuito ad esaltare il senso estetico, il design, la creatività, il linguaggio e l’innovazione in quanto elementi distintivi e da sempre riconoscibili della cultura e dello stile italiano e nel web.

Ma non solo, per l’esperto del web ciò che conta oggi, in un’epoca in piena trasformazione tra social, intelligenza artificiale e Metaverso, è lo sviluppo di “un metodo civico nel nuovo ecosistema dell’informazione come bene comune e partecipazione”. Tema di discussione e ricerca da parte dell’associazione culturale no profit MediaCivici, di cui è presidente dal 2015.

Di questo ha parlato Kettmaier, da relatore, insieme agli ospiti della due giorni “E se fosse…Consapevolezza è Libertà. Disegnare un mondo diverso, immaginare traiettorie possibili”, tenutasi a Cagliari mercoledì 18 e giovedì 19 gennaio.

All’evento si è parlato di consapevolezza e libertà del web. Tu “bazzichi” nella rete da ormai vent’anni. Cosa è cambiato in questi anni in termini di consapevolezza e libertà?

In effetti sono forse troppi anni, discutevamo proprio in questi giorni durante i panel di E se fosse…che nel 1987 giravano per le case i primi modem che ti permettevano di navigare sulle BBS, dei prototipi del Web che arriva nel 1990 mentre Internet anche quella senza grafica, in cui ti collegavi e vedevi sul monitor qualche scritta che si componeva lentamente e potevi scaricare qualche piccolo file. Quel Web e quella Internet, molto diversa da quella di oggi, ha permesso a migliaia, milioni di persone di immaginare la rete come un posto che era un bene comune, un luogo di libertà e di condivisione di conoscenza. Cosi poi non è stato. E la storia è quella che conosciamo perchè è una storia in cui siamo immersi. I grandi social, i grandi motori di ricerca e i grandi produttori hardware, di proprietà di società che legittimamente fanno profit, hanno prima colonizzato e poi cannibalizzato la rete.

In un articolo sul Sole 24 Ore parli di “vendere l’anima” al Metaverso. Cosa intendi? Perché le big tech stanno puntando su questa nuova dimensione?

Stiamo forse entrando in una nuova epoca non solo umana ma anche del digitale. Alcune di queste grandi piattaforme social sono in difficoltà, molte persone vengono licenziate e il modello che è stato vincente inizia a perdere utenti. Nascono quindi nuovi progetti che provano a scavare fin dentro l’anima delle persone. Nel momento in cui i social posseggono i tuoi dati, che ricordiamo, sono il grande valore che noi regaliamo alle compagnie digitali, i nuovi social cercano di raggiungere il valore non solo del tuo comportamento su Facebook o Twitter ma anche delle tue emozioni e della tua coscienza.

In questi giorni non si fa altro che parlare di ChatGPT. Cosa c’è da prendere e cosa da lasciare andare? Come si oltrepassa l’atteggiamento manicheista di totale rifiuto e al contrario di totale abbandono verso l’intelligenza artificiale?

ChatGPT, che è andata online a novembre dello scorso anno, è un’intelligenza artificiale che risponde alle domande che gli si pone. Su quasi qualsiasi argomento, esclusa violenza, sesso, e altre cose etiche che i programmatori e i proprietari di ChatGPT hanno deciso non fosse il caso la AI discutesse. Mia figlia ad esempio, 12 anni, qualche giorno fa in ritardo sulla consegna di un compito su un commento a un libro letto durante le vacanze di Natale ha chiesto all’intelligenza artificiale -“ Mi scrivi come una bambina di 12 anni commenterebbe questo libro in mezza pagina?”- È finita che ha preso un bel voto e che non ha imparato a analizzare e commentare un testo con le sue capacità. Certo ha imparato a dialogare con ChatGPT ma quella è un’altra storia. L’intelligenza artificiale, così come tutta a tecnologia digitale, è una grande opportunità per tutte le comunità, applicazioni mediche come la lettura delle immagini delle TAC, la robotica e molto altro ma davanti alla possibilità di creare un super uomo e una super donna dobbiamo riconoscere i limiti dell’uomo e della donna, la loro vulnerabilità e ricercare che la AI diventi un bene comune. Il rischio è di creare sempre più ingiustizia sociale. Pensa al fatto ad esempio che il tuo vicino di casa, o una grande azienda possa usare un’intelligenza artificiale molto più evoluta della tua. Il divario economico e di conoscenza aumenta senza fine.

L’evento è stato organizzato a Cagliari, tra le prime città italiane – e forse europee – a intuire le potenzialità di Internet con Video On Line nel ’93 e Tiscali nel ’97. Che ricordi hai di quegli anni? Cosa è rimasto di quella rivoluzione?

“Entrambe le società hanno avuto un impatto significativo sullo sviluppo dell’economia digitale in Italia e hanno contribuito a rendere Cagliari un importante centro tecnologico. Tiscali in particolare, è stata una delle prime società a fornire internet ad alte prestazioni, una sorta di pioniere in Italia, diventando poi uno dei principali player di mercato. Tiscali ha avuto un periodo di difficoltà a causa di una serie di fattori. Uno dei principali problemi era la concorrenza crescente da parte di altri fornitori di servizi Internet, in particolare dalle grandi società come Telecom Italia e Fastweb”. Ecco, le righe virgolettate di questa risposta non sono mie ma di ChatGPT quindi non mi prendo la responsabilità di quello che riportano. È una risposta vera? Basata sui fatti? Ho inserito la tua domanda in chatGPT e questa è stata la sua risposta. Nessuno ha modo di capire che tipo di contenuti la AI abbia usato per rispondere né di come sia arrivata al ragionamento finale. Tutto viene creato dentro una black box di cui né gli utenti, né i programmatori che sviluppano gli algoritmi di ChatGPT sanno qualcosa. Per i creatori di contenuti, ad esempio i giornalisti, è un grande problema.

Hai parlato di un nuovo interesse verso i media civici. Però c’è anche una fetta consistente di utenti del web che “mangia” fake news quotidianamente. Qual è la soluzione?

I media civici sono uno spazio diverso rispetto ai social che usiamo. Sono la ricerca di un metodo che permetta di disegnare e costruire dei luoghi online sociali e civici, dove il processo deliberatorio è relazione, informazione, verifica, conoscenza e decisione. I suoi prototipi faticano a emergere stretti nella strategia della disattenzione che ha trai suoi principi la quantità e i grandi numeri di like, di informazione e disinformazione, e di network prima della loro qualità. Ma nel grande mare del Web ci sono sempre opportunità da cogliere, spetta a noi farle diventare strumenti sostenibili per noi e per gli altri. Ci sono tanti modi per indurre gli altri a pensare qualcosa che non erano pronti a pensare. Modi che si basano sulla conoscenza delle pulsioni più banali, ovvie e animalesche; modi che si basano sulla paura, sulla noia, sulla mancanza di immaginazione. Di solito tutto questo si chiama propaganda. Esistono però anche modi per condurre razionalmente le persone a migliorare la loro comprensione della realtà. Molto spesso si chiamano educazione. I media civici contro la disinformazione e le fake news tendono a questa seconda proposta.

Elon Musk vuole Twitter, ma le giovani generazioni preferiscono TikTok. Quanto manca al momento in cui le Gen Z si “prenderanno tutto”?

Grazie della domanda. Mentre il Censis qualche settimana fa ha presentato il rapporto 2022 dicendo che gli italiani sono ormai un popolo di malinconici senza immaginazione del futuro, Kitzanos durante la due giorni di confronto ha chiamato molti giovani a dire cosa ne pensassero tra consapevolezza, libertà e tecnologia. È stata una ventata di speranza sia ascoltare la loro capacità di pensiero, sia il loro entusiasmo verso il futuro. I Gen Z pagheranno più delle generazioni precedenti la stretta che pare ormai mortale dell’Antropocene. Ma hanno una grande opportunità che è quella del digitale. Forse abiteranno il Metaverso che sta diventando già oggi una realtà autentica non fosse altro che i suoi effetti sono già nella vita reale. Ma hanno grande bisogno di strumenti critici di lettura del digitale perché in questa nuova epoca le chiavi interpretative sono da scoprire. La provocazione può essere, come si legge la Bibbia nel Metaverso? È una risposta da costruire insieme, magari con l’educazione.

Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it