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Nell’anno appena concluso, 6 imprese sarde su 10 hanno investito nel miglioramento e nella trasformazione digitale per contrastare gli effetti della pandemia.

Nel 2019, infatti, le attività produttive isolane che avevano puntato sulle nuove tecnologie erano state il 48,6% mentre nel 2020, con un balzo in avanti del 13,6%, sono state il 62,2%. Risultato che consente alla Sardegna di primeggiare nella classifica delle regioni e di colmare una parte del gap digitale di cui soffriva rispetto alla media nazionale. Le notizie positive arrivano dal dossier dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, che ha analizzato e rielaborato i dati ISTAT sulla trasformazione digitale delle imprese isolane tra il 2019 e il 2020.

La pandemia da Covid-19, e le relative restrizioni applicate alle attività produttive, hanno dimostrato quanto sia importante che le imprese intensifichino gli investimenti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione digitale, per restare competitive anche in periodi di eccezionale crisi ed emergenza, come quello che stiamo attraversando – commentano Antonio Matzutzi e Daniele Serra, Presidente e Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – dobbiamo anche ricordarci come il Next Generation EU indirizzerà ben il 21% dei 209 miliardi destinati all’Italia in investimenti per la transizione digitale. Un’opportunità grandissima anche per imprese sarde, che hanno bisogno di investire in tale settore al fine di aumentare la propria capacità competitiva“.

Dall’analisi di Confartigianato emerge come la crisi sanitaria nella nostra regione abbia portato a un intenso utilizzo delle tecnologie digitali, soprattutto tra le MPI. Tra queste in primis si è potuta osservare una significativa diversificazione dei canali di vendita e l’intensificazione dell’uso della strumentazione digitale. Si è fortemente intensificata anche la comunicazione con la clientela attraverso i social media: già presente nel 21,9% delle micro e piccole imprese (3-49 addetti), è stata introdotta, migliorata o ne è prevista l’implementazione il prossimo anno da un ulteriore 17%, portando al 38,9% la quota di MPI attive su questo canale.

L’intensificazione del lavoro a distanza ha generato anche una domanda di relative infrastrutture: i server cloud e le postazioni di lavoro virtuali, già disponibili nel 9,5% delle MPI, dopo l’emergenza riguardano il 26,0% (+16,5 punti), mentre le apparecchiature informatiche fornite ai dipendenti, azione intrapresa dal 10,0% delle MPI prima dell’emergenza, sono state oggetto di investimento per un ulteriore 17,3%, portando la quota al 27,3%. Per le imprese più piccole l’adozione dello smart working è stato un fattore essenziale per incentivare l’acquisizione di tecnologie di comunicazione digitali: le micro imprese (3-9 addetti) orientate allo smart working, che prima della crisi avevano adottato tecnologie di comunicazione digitale nel 28,7% dei casi, hanno raggiunto il 76% a seguito degli investimenti indotti dall’emergenza.

Dall’analisi risulta anche come il recupero post crisi sarà più intenso per imprese più coinvolte dalla digital transformation. Infatti, tra le attività sarde, ancora il 47,4% delle imprese presenta un livello di attività simile a quella di pre emergenza, a fronte di un 50% che opera ancora a regime ridotto e di un 2,6% che ha un’attività sospesa e ne valuta la chiusura. Il recupero dei livelli pre Covid-19, quindi, sarà correlato con il grado di coinvolgimento dell’impresa nella trasformazione digitale. In ogni caso, però, c’è ancora molta strada da fare: solo il 26% delle imprese italiane è a conoscenza del Piano Impresa 4.0 e, tra queste, il 9%, pur conoscendolo, comunque non investe. Per il resto, vale a dire per i due terzi della manifattura italiana, gli strumenti messi in campo e le grandi opportunità offerte dalle tecnologie non sono (ancora) all’ordine del giorno.