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Il Parlamento Europeo prova a bypassare i singoli Stati e con una risoluzione approvata nell’ultima sessione plenaria a Strasburgo, chiede alle nazioni Ue di riconoscere i matrimoni omosessuali in tutta l’Ue e i relativi rapporti di genitorialità.

Il provvedimento è stato approvato con 387 sì, 161 no e 123 astensioni, ma ha provocato molte polemiche e spaccature tra i partiti. A votare no sono stati Lega e Fratelli d’Italia, mentre Forza Italia si è divisa. Spaccato il gruppo del Ppe.

La risoluzione non ha alcun valore vincolante per gli Stati membri (il trattato Ue affida il diritto familiare ai singoli Stati), ma il provvedimento assume un forte valore politico, anche dopo la netta presa di posizione espressa nel settembre 2020 dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (“Se sei genitore in un Paese, lo sei in tutti i Paesi”).

Nel provvedimento varato dal Parlamento Europeo auspica dunque che l’Ue assuma un approccio comune per il riconoscimento dei matrimoni e unioni omosessuali. Si chiede infatti che “la Commissione proponga una legislazione che richieda a tutti gli Stati membri di riconoscere, ai fini del diritto nazionale, gli adulti menzionati in un certificato di nascita emesso da un altro Stato membro come genitori legali del bambino, a prescindere dal sesso o dallo stato coniugale, e di riconoscere, ai fini del diritto nazionale, i matrimoni o le unioni registrate contratte in un altro Stato membro, in tutte le situazioni in cui i coniugi o i partner registrati avrebbero il diritto a un pari trattamento”. Inoltre “gli Stati membri non possono invocare alcun bando costituzionale di matrimoni omosessuali o protezione costituzionale della morale per ostruire i diritti fondamentali alla libertà di movimento nell’Ue violando i diritti delle famiglie arcobaleno di trasferirsi nel loro territorio”.

Il testo trae spunto dalla sentenza della Corte di giustizia Ue Coman & Hamilton del 5 giugno 2018 che sancisce che il termine “coniuge” utilizzato nella direttiva sulla libertà di circolazione sia applicabile anche a partner dello stesso sesso. Dal Parlamento arriva anche una esortazione alla Commissione ad “affrontare la discriminazione sofferta dalla comunità Lgtb in Polonia e Ungheria”. Oggi peraltro scadono i due mesi concessi da Bruxelles ai due Paesi per rispondere alle rispettive lettere di messa in mora, l’avvio di una procedura per discriminazioni anti- omosessuali.

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