In una domenica piovosa, Matteo Renzi arriva dieci minuti prima delle cinque al Caesar’s Hotel, a Cagliari, per la presentazione del suo ultimo libro Controcorrente (Piemme) in cui racconta una lunga serie di aneddotti e retroscena politici di cui è stato protagonista. Dall’incontro ad Arcore con Silvio Berlusconi ai tête-à-tête con Mario Draghi prima della sua elezione a Presidente del Consiglio, per passare alla traversata in treno in compagnia di un Vincenzo De Luca allora sindaco di Salerno. Il leader di Italia Viva viene accolto da un grande applauso da un pubblico variegato, che raccoglie tutta l’eterogeneità a cui punta lo stesso Renzi. Ma prima di entrare in sala, dove ad attenderlo c’è la giornalista del Tg2 Barbara Romano, gli facciamo due domande che ci riguardano da vicino.

In Sardegna continuano a chiudere i reparti ospedalieri delle aree più periferiche, non pensa che l’accentramento della sanità pubblica sia stato un errore?

L’accentramento della politica sanitaria in Italia non si è modificata con una modifica costituzionale – io dico purtroppo – che permetta allo Stato di avere quella che si chiama ‘clausola di salvaguardia’. Ci sono state delle scelte fatte dalle singole regioni e queste scelte naturalmente possono essere apprezzate o meno. Ieri eravamo a Nuoro, dove si teneva una manifestazione significativa di persone preoccupate per il presidio ospedaliero dell’area nuorese. Perché questo? Perché nel momento in cui fai venire meno dei presidi territoriali che sono anche elementi identitari, questo è un problema per tutto il territorio. Italia Viva propone di spendere bene i soldi che ci sono e su questo si fa parte attiva per incalzare la Regione, il presidente Solinas in Sardegna, e tutte le altre regioni in giro per l’Italia per spendere bene i soldi che ci sono, ma noi abbiamo un progetto che è gestito dalla presidente Anna Maria Parente e l’onorevole Lisa Noia sul tema del come spendere i denari del Mes, che noi riteniamo si debbano spendere.

In Sardegna governa il Partito sardo d’azione, che alle ultime elezioni amministrative a Carbonia si è alleato con il PD e l’Udc. Lei come intende inserirsi in queste logiche locali?

Circa le vicende amministrative territoriali, è evidente che ciascuna città fa storia a parte. Nel caso specifico e peculiare per una formazione politica quale il Partito sardo d’azione, che già in passato si è schierato in diversi momenti con diverse forze politiche, quindi ha una storia che non è una storia di monodirezionalità, senza parlare di coerenza perché poi ciascuno fa le scelte in base alle indicazioni del proprio partito. Quello che è successo a Carbonia evidentemente è un fatto importante perché Carbonia è un’importante città della Sardegna, ma non racchiude tutta la Sardegna e soprattutto al momento, per quello che sappiamo noi, il presidente Solinas continua ad essere sostenuto dai voti del centrodestra e della Lega. Su questi temi noi prendiamo atto come novità che c’è a Carbonia. Italia Viva ha una grande caratteristica: tutti parlano male di noi, sempre, a vario titolo, poi ci dicono che siamo irrilevanti e dopo si accorgono, quando loro sono andati a casa, che noi tanto irrilevanti non eravamo. Non le farò tanti esempi, ma sicuramente questo è accaduto con Conte nel 2021 quando ha lasciato spazio a Draghi e con Salvini nel 2019 quando lo abbiamo persuaso a lasciare spazio. E dunque Italia Viva nonostante tutti gli annunci – non dirò più di gufi perché non lo posso più dire – che ci vogliono irrilevanti va sempre a finire che la zampata vincente gliela diamo. Io scommetto con lei che questo accadrà anche nel 2023.

Di questo Renzi parlerà anche nel suo incontro, quando ricorderà al suo pubblico che “dopo Salvini al Papeete non era pensabile continuare così e abbiamo staccato la spina”, così com’è accaduto con Giuseppe Conte, al quale rimprovera di non essere stato abbastanza deciso nelle scelte da prendere durante la pandemia da Covid, sottolineando che “preferisco il generale Figliuolo ad Arcuri, preferisco il premier Mario Draghi a Conte”. Il leader del Movimento Cinque Stelle, ci tiene a ricordare Renzi, è lo stesso che nel 2018 ha firmato i decreti sicurezza voluti da Salvini, salvo poi ridimensionarli nell’ottobre 2020 con il secondo governo Conte. Ma nel mirino del leader di Italia Viva finisce anche l’addetto alla Comunicazione Cinque Stelle, Rocco Casalino, che prima di arrivare sullo scranno più importante del Parlamento, “ha messo su una campagna d’odio nei miei confronti senza precedenti, io non mi dimentico la macchina del fango”. Lo stesso Dario Franceschini, racconta Renzi, gli anticiperà il fatto: “Mi dispiace, mi dice. E per cosa? Gli rispondo. Per quello che ti stanno per fare, mi risponde lui”.

Da lì la prima batosta dell’ex sindaco di Firenze, che perde clamorosamente il referendum costituzionale nel 2016 ed è costretto a ritirarsi. Per arrivare al dunque con la riforma del titolo V, Renzi si era avvicinato anche a Berlusconi, con quello che andrà alla storia come “il Patto del Nazareno”. E per questo verrà duramente attaccato dai suoi. Ma il rapporto con il leader di Forza Italia inizia anni prima, come racconta nel suo libro. “Allora ero sindaco di Firenze e avevo scoperto che diverse città italiane avevano istituito la tassa di soggiorno, quindi volevo che venisse introdotta anche nella mia città. Mi avrebbe fatto comodo – racconta Renzi -, si trattava di venti milioni di euro. Un giorno mi trovavo in treno con Vincenzo De Luca e Berlusconi e gli dico di questa tassa, lui chiama Gianni [Letta, ndr] che gli conferma quanto detto. Così mi invita a cena ad Arcore e riesco ad ottenere la tassa con cui riesco a chiudere in positivo il bilancio comunale”. Con Berlusconi resterà in buoni rapporti personali – “non ho mai partecipato a quegli incontri culturali…sia chiaro”, scherza in sala -, ma non si esprime sulla sua nomina a Presidente della Repubblica. “Dalla mia bocca non uscirà mai nessun nome”, risponde alla giornalista Barbara Romano che lo interroga a riguardo.

Ma Renzi, dice, non è qui per parlare del passato, “di cui sono assolutamente orgoglioso” – il riferimento è alla legge sui diritti civili, il bonus 80 euro, Industria 4.0 tra gli altri – ma dei suoi progetti futuri. “Se vogliamo vincere – dice il leader di Italia Viva -, dobbiamo puntare al centro. Non è pensabile voler governare senza una forza centrista”. Se Enrico Letta – per fare un nome a caso – ha vinto le elezioni a Siena con uno scarto dell’undici per cento dei voti, spiega Renzi, “è perché il nostro partito in quel seggio spostava il sette e mezzo per cento dei voti”. Così può funzionare anche a livello nazionale. “Alle amministrative – prosegue Renzi – ha votato appena il cinquanta per cento degli elettori, alle politiche vota il settanta per cento. Quelli che non sono andati a votare sono le aree periferiche, i populisti, gli estremisti, che poi alle elezioni nazionali invece alle urne ci vanno. Dobbiamo andarli a recuperare e per questo noi di Italia Viva ci rimettiamo sul camper come agli inizi e gireremo città per città, comune per comune, casa per casa, per riprendere quei contatti”.

Non manca poi il tema della pandemia da Covid, su cui Renzi è molto netto. “La terza dose si deve fare, così come il Green pass”, dice senza mezzi termini al pubblico in sala, che resta in silenzio. “Il Green pass non è un limite alla libertà – dice Renzi -, ma è l’unico modo che abbiamo per far ripartire l’economia. Per questo sarebbe auspicabile che Salvini, che è in maggioranza al governo, smettesse di essere titubante e desse una mano per ripartire con il lavoro”. E qui parte l’applauso. Conclude poi con un cenno alle due isole, Sicilia e Sardegna: “si tratta di un costo economico che non è soltanto di riconversione energetica, ma di vita quotidiana: la continuità territoriale è un tema”. A questo punto il senatore Renzi deve proprio scappare, giusto qualche stretta di mano ai suoi supporter in sala, “che se no perdo l’aereo”, appunto.

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