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La Sardegna produce la migliore qualità di cannabis di tutta Europa e mentre ovunque ricavano centinaia di milioni di euro da qualità inferiori, i produttori sardi vanno in carcere. Questa, in sintesi, è la posizione di Liberu, partito della sinistra indipendentista sarda, che ha lanciato una petizione online per chiedere al presidente della Regione Sardegna Christian Solinas di “dare pieno supporto alla produzione di un prodotto di altissima qualità, che in Sardegna trova il suo clima e terreno ideale, e che porterebbe grande occupazione e ingentissimi guadagni”.

bunker-per-maxi-serra-di-cannabis-otto-arresti-a-gonnesa-video“Da tempo i giornali sardi riportano brillanti operazioni delle forze di polizia con sequestri di ingentissimi quantitativi di marijuana – scrivono gli indipendentisti -. Ciò che non viene detto – e che emergerà troppo tardi a seguito di lunghissimi processi – è che la quasi totalità delle piante in questione non sono in realtà stupefacenti ma legalissime piante di Cannabis Sativa L”.

Ma allora, se sono legali, perché vengono sequestrate? Liberu spiega la situazione con un lungo excursus normativo. “La legge n. 242/2016, emanata al fine di incentivare la coltivazione di cannabis sativa, non prevede la possibilità per i canapicoltori di compiere una attività di lavorazione delle piantine. In poche parole la norma permette esclusivamente di coltivare le piante ma non essiccarle, sbocciolarle o conciarle e rivenderle al dettaglio. Queste attività, ad esclusione della mera coltivazione, sono punibili ai sensi della legge 309/90 ovvero la norma sugli stupefacenti, qualora a seguito di un processo penale si dimostri che la sostanza contenuta nelle piantine abbia efficacia drogante. Ad aggravare la condizione dei coltivatori è stata l’incertezza da parte della giurisprudenza che per un periodo ha interpretato la norma in modo estensivo, permettendo ai coltivatori di chiudere la filiera e quindi anche essiccare le piante e rivenderne i “frutti”. Successivamente però la sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite del 2019 ha di nuovo stretto le maglie ed interpretato rigidamente la norma, consentendo alle Procure sarde di sequestrare tutto preventivamente”.

Liberu spiega poi cosa succede dopo i frequenti interventi cautelari delle forze dell’ordine. “I sequestri preventivi sono una mazzata per questo settore, perché le piante se non accudite deperiscono nel giro di pochissimi giorni ed alla fine del processo, quando si dimostra l’innocenza di chi coltivava perché le piante appunto non hanno una efficacia drogante, il raccolto è definitivamente perso – precisa la nota -. Alcune sentenze hanno riconosciuto il diritto, dopo l’assoluzione, di presentare domanda di indennizzo che però arriva dopo anni e con un ingente anticipazione di spese per il soggetto colpito”.

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Foto di repertorio

“La Regione Sarda non ha provveduto a estendere la possibilità per i coltivatori di lavorare le piante, perciò ora si vengono a creare delle situazioni paradossali. La canapa infatti può essere coltivata in Sardegna, ma non può essere in alcun modo trasformata, né a partire dall’essicazione per proseguire col trasporto e la vendita, perché in assenza di supporto normativo viene intravisto dalle solertissime forze di polizia il reato di traffico di stupefacenti. Anche se non hanno una quantità di principio attivo sufficiente per poterle definire tali. L’unica alternativa a questa situazione è la vendita diretta alle aziende farmaceutiche, che si occupano loro stesse, con tutte le autorizzazioni del caso, di venire in Sardegna, estirpare e trasportare fuori dalla Sardegna il prodotto. Pagandolo una miseria.

Insomma, spiegano gli indipendentisti di Liberi, quella che a primo acchito sembra una questione giuridica è in sostanza una questione economica. “Alcune regioni – tra cui Piemonte e Lombardia– hanno provveduto a colmare il buco normativo stabilendo delle procedure di trasporto, trasformazione e vendita del prodotto. Ciò determina una situazione di chiaro stampo coloniale che pesa su migliaia di piccoli e grandi produttori sardi: possono infatti vendere il prodotto alle case farmaceutiche o alle ditte esterne alla Sardegna, ma solo come materia prima. La lavorazione, che impiega migliaia di lavoratori e genera un aumento del profitto di parecchie centinaia di volte, avviene sempre e solo in Italia, replicando anche in questo campo quella tipica situazione coloniale che ben conosciamo in tanti altri settori economici e che frena lo sviluppo delle potenzialità della Sardegna”.

quirra-piantagione-di-cannabis-nel-poligono“Mentre tantissimi onesti lavoratori sardi stanno finendo in carcere, e mentre parecchie tonnellate di prodotto marciscono irrimediabilmente nei depositi giudiziari, causando il tracollo economico di tantissime famiglie, la Giunta Solinas dorme – evidenzia Liberu -. Proprio ora che finalmente i giovani sardi stanno tornando a lavorare la terra e che stanno restando qui per lavorare anziché emigrare, proprio ora che si stava cercando di mettere in atto quella tanto decantata “diversificazione” produttiva, si ritrovano abbandonati dalle istituzioni regionali e rovinati dalla perdita della merce e dalle ingentissime spese giudiziarie. A nulla è valsa la presentazione di una mozione presentata a maggio del 2021 da alcuni consiglieri regionali del centrosinistra, in cui si chiedeva appunto che la Regione superasse questa confusione normativa e dettasse delle regole chiare, attivandosi anche nei confronti del Governo al fine di chiarire le modalità e i limiti per la coltivazione, trasformazione, commercializzazione ed utilizzo della canapa. Sarebbe utile capire il perché Solinas sembri non voler in alcun modo disturbare gli interessi dei produttori nord italiani”.

Questa è la petizione in cui si chiede al presidente Solinas di procedere immediatamente alla compensazione normativa che possa assicurare legalmente anche il trasporto, la trasformazione e la commercializzazione della “Cannabis Sativa L” in Sardegna.

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