In seguito al vergognoso fatto accaduto lo scorso 27 novembre fuori dallo stadio di Empoli, dove la giornalista sportiva Greta Beccaglia è stata molestata in diretta televisiva, la condanna del web è arrivata immediata senza remore. Sì perché nonostante le grandi celebrazioni per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, i proclami per una società meno macho e rispettosa del genere femminile (e non solo), c’è ancora chi commenta – come se una molestia sessuale potesse essere commentata al bar o sui social come un fatto qualsiasi – tentando di sminuire l’accaduto: ma perché ve la prendete col conduttore, il giornalista Giorgio Micheletti, che durante il fatto si è rivolto alla collega con un “non te la prendere”? Perché non ascoltiamo il molestatore, 45enne tifoso della Fiorentina che ora fa mea culpa sostenendo anche di avere una figlia come se fosse da considerarsi una scusante? Perché facciamo di tutta l’erba un fascio con i tifosi del calcio?

Il mestiere del giornalista è quello di raccontare tutte le voci, certamente, ma anche di saper interpretare i fatti che accadono quotidianamente. Per farlo, si può talvolta ricorrere a delle testimonianze di chi con quella vicenda ci ha avuto a che fare o chi può essere considerato un esperto in materia. Insomma, chi parla con cognizione di causa.

Nella giornata di ieri abbiamo contattato la giornalista sportiva di Sky Sport, Valentina Caruso, 36 anni di Cagliari, per avere una testimonianza da parte di una collega che svolge lo stesso identico lavoro. Da tanti anni ormai la giornalista cagliaritana racconta il team rossoblù (e non solo) da inviata dentro e fuori dagli stadi – anche oggi, si intende, quando l’emittente televisiva per cui lavora non cede i diritti televisivi. Tra i commenti ricevuti sotto l’articolo pubblicato sulla nostra pagina Facebook, oltre alle risate e ai commenti di chi ha tentato di sminuire la sua esperienza – cosa che, ricordiamolo, avrebbe potuto serenamente non fare -, ce n’è uno in particolare che fa pensare a quanto siamo ancora distanti da una almeno immaginata parità di genere: “Capisco il gesto schifoso e sessista del tipo (non tifoso) – commenta l’utente di cui non riporteremo il nome per rispetto della privacy -, ma eviterei di etichettare tutti i tifosi (prevalentemente uomini) come potenziali molestatori. Dove si ravvisa un reato o un tentativo di molestia sessuale bisogna intervenire e denunciare. Ma come capita spesso in Italia, e non solo qui, si cavalca l’onda della notizia per farsi pubblicità”.

Ci sono due “imprecisioni” in questo commento: il primo è che, secondo l’utente, la molestia sessuale è arrivata da un “non tifoso”, sebbene tutte le immagini riportate nel video in questione mostra un uomo che esce fuori dallo stadio dell’Empoli con tanto di sciarpone della Fiorentina. Come bisognerebbe definirlo, se non “tifoso”? Sarebbe il caso, forse, di accettare il fatto che esistono, anche nelle tifoserie, personaggi di questo tipo e che andrebbero condannati per il loro gesto, non rimossi (linguisticamente parlando) come non appartenenti alla categoria. In secondo luogo, secondo l’utente, Valentina Caruso, volto noto di Sky Sport, avrebbe avuto bisogno di rilasciare un’intervista al nostro giornale “per farsi pubblicità”. Come se i milioni di spettatori che ogni settimana seguono le partite di Campionato di Serie A, non fossero abbastanza per farsi conoscere, ammesso che sia questo il volere di una giovane donna che, semplicemente, vuol fare il mestiere di giornalista sportiva.

Sarebbe bastato leggere attentamente l’intervista e non, come spesso accade, fermarsi al titolo dell’articolo, per capire che l’intento della giornalista sportiva, come dichiarato proprio al termine della conversazione, ha risposto alle nostre domande per raccontare quel che lei ha vissuto in prima persona – un episodio di stalking, oltre alle varie molestie ricevute al di fuori del mondo del calcio – con tutt’altro intento: “È giusto che se ne parli – dice Valentina Caruso in ultima battuta – e che queste persone vengano denunciate anche da esempio che possa scoraggiare in futuro episodi di questo tipo. È una cosa che deve partire dalle famiglie, dall’educazione in casa dei bambini, dalle scuole”. Ecco, forse bisognerebbe riniziare proprio tutto da capo.

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