Il 2 dicembre prende il via la campagna nazionale del Partito della Rifondazione Comunista contro la manovra di bilancio del governo Draghi e due misure emblema del carattere antipopolare delle sue politiche: l’aumento delle bollette e il ripristino della legge Fornero sulle pensioni con l’abolizione immediata di quota cento.

“Con l’aumento delle bollette si colpiscono duramente i redditi di lavoratrici e lavoratori e ceti popolari già impoveriti da decenni di riduzione generalizzata di salari e stipendi per tutti, lavori precari, part time obbligati, mancati rinnovi contrattuali, disoccupazione e contratti pirata”, commentano il segretario nazionale Maurizio Acerbo e il responsabile nazionale lavoro Antonello Patta.

“Sulle pensioni – proseguono i rappresentanti di Rifondazione Comunista – il governo Draghi continua sulla linea seguita da decenni dai governi che l’hanno preceduto: pur di non colpire le rendite e le grandi ricchezze, si bastonano i pensionati con allungamento continuo della vita lavorativa, pensioni bassissime, tasse anche dieci volte superiori ad altri paesi europei e, per moltissimi, adeguamento solo parziale all’inflazione”.

Dal 2 dicembre, per due settimane, Rifondazione Comunista scende in piazza per dire “Basta rapine su salari, stipendi e pensioni!”. Di fronte alle politiche neoliberiste di questo governo, secondo i rappresentanti del partito, c’è una sola alternativa: lo sciopero generale e generalizzato. Nei presidi verranno raccolte le firme delle cittadine e dei cittadini, che verranno inviate al governo attraverso le prefetture, su proposte ben precise: “Contro gli aumenti delle bollette – commentano Acerbo e Patta – si taglino i profitti delle grandi aziende che distribuiscono e vendono il gas e l’energia elettrica come è stato fatto in Spagna; si eliminino oneri di sistema obsoleti, si dia finalmente un taglio alle accise, alle addizionali regionali e all’Iva, tasse pagate in prevalenza dai ceti popolari; per le pensioni proponiamo di cassare l’imbroglio di quota 102; per gli uomini la pensione a 60 anni o con 40 di contributi; per le donne la pensione a 55 anni o 35 di contributi; che si metta fine alle pensioni sotto i mille euro e l’adeguamento integrale delle pensioni all’inflazione”.

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