Il flâneur vaga senza meta per le vie delle città, senza fretta, le esplora in cerca di emozioni e storie da raccontare. Ad introdurre il termine francese, per la prima volta, fu il poeta simbolista Charles Baudelaire attorno alla seconda metà dell’Ottocento. Per rendere l’idea, lo scrittore parigino voleva che l’artista s’immergesse nella metropoli e diventasse “un botanico del marciapiede”, un conoscitore analitico del tessuto urbano. Se inizialmente, il nuovo intruso, in una società di grandi cambiamenti, venne associato a città come Parigi e Napoli, oggi i confini sono ormai superati e anche la nostra Cagliari può diventare meta d’interesse.

Jan Brokken, scrittore, flâneur e giornalista olandese vincitore del Premio Acerbi nel 2016, l’ha scoperta un po’ per caso, attraverso la figura di Eva Mameli Calvino, madre del celebre scrittore Italo Calvino. L’illustre naturalista fu la prima donna a dirigere un Giardino botanico in Italia, ed è proprio lei la protagonista di cui racconta l’autore olandese nel suo ultimo libro “L’anima delle città” (Iperborea, 2021), in una raccolta di personaggi degni di nota per il loro contributo dato alla creatività e all’arte: si va dalla Bologna di Giorgio Morandi a Bergamo, dove nacque e morì Gaetano Donizetti; la Düsseldorf dell’artista Joseph Beuys, la Parigi dove Erik Satie si incontrava con Picasso, Djagilev e Cocteau. E poi Amsterdam così cara a Gustav Mahler, San Pietroburgo per ripercorrere la tormentata vicenda musicale di Šostakovič, in una corrispondenza di amorosi sensi fra l’autore e i luoghi visti e vissuti con l’animo del viaggiatore lieve e innamorato. Il libro è stato presentato nella serata di domenica 28 novembre, in chiusura del Festival Pazza Idea, in conversazione con Giovanni Dessole, le traduzioni di Marta Cadoni e le letture di Emilia Agnesa, accompagnata dalle musiche di Emanuele Contis.

Com’è venuto a conoscenza di Eva Mameli Calvino?

Sono stato invitato a un festival a Cagliari, in cui sono rimasto un paio di settimane, anche se l’evento durava tre, quattro giorni, ho deciso di rimanere ed è così che ho scoperto l’Orto Botanico. Una persona, Anna Oppes di Iperborea, la casa editrice che mi pubblica, mi ha raccontato che la madre di Italo Calvino aveva diretto l’Orto Botanico della città e l’ho trovato estremamente interessante, quindi l’ho visitato più volte e ho iniziato a cercare delle informazioni a riguardo. Eva Mameli Calvino è stata una donna straordinaria, la prima professoressa di Botanica in Italia, era una donna molto emancipata per aver vissuto negli anni Venti. La cosa interessante è che lei viene da una famiglia di cinque figli nati all’inizio del ventesimo secolo, il padre era un colonnello dei carabinieri e ha voluto che tutti i figli studiassero, anche le donne. È riuscita a fare una carriera straordinaria anche prima di incontrare il padre di Italo Calvino. Tra le cose che mi hanno colpito è che lui è conosciuto a livello internazionale, scrive in italiano ma ha risorse anche in spagnolo, perché è nato a Cuba, ma c’è una forte influenza sulla sua scrittura che deriva dalla figura della nonna, che parlava a lui e ai suoi fratelli in sardo. Mi sono accorto, infatti, che la lingua di Calvino è molto diversa rispetto a quella di altri scrittori italiani: è una lingua molto chiara, molto lirica sì, ma non barocca, non è verbosa. E credo che questo sia frutto dell’influenza del sardo, che è una cosa che ho scoperto stando qua. La riflessione sullo spirito di Cagliari, e sull’Orto botanico creato in parte anche dalla madre di Calvino, mi ha fatto vedere la chiarezza dell’organizzazione di questo posto.

Perché ha scelto Cagliari tra le città da conoscere? Ci sono dei luoghi in particolare che l’hanno colpita?

Sì ci sono sicuramente dei posti che mi hanno colpito ma non sono cose che riesco a sapere prima di andare in una città. Sono le storie che mi scelgono. Non riesco a prevedere e dire “adesso scrivo un libro su Cagliari, Bologna o Bergamo”. Tutte queste città mi hanno dato delle storie, perché tutte hanno un’anima, però bisogna scoprire il senso di quest’anima. La storia che ho scritto era in origine da destinare alla pubblicazione olandese. Sei libri che ho scritto sono stati pubblicati da Iperborea, l’editrice Emilia Loggiani mi ha detto “potrai sempre pubblicare per noi, ma non dovrai mai scrivere storie sull’Italia”, perché ci sono già troppi stranieri che scrivono storie sull’Italia. Però alla fine abbiamo deciso di pubblicare questo libro perché Cagliari non è una città particolarmente nota, nonostante questa atmosfera così particolare, così come Bologna e Bergamo. Alla fine l’unica storia che abbiamo deciso di non pubblicare è stata quella su Venezia, era troppo!

Con la pandemia abbiamo riscoperto la bellezza dei luoghi esterni, ma abbiamo ancora bisogno di una “motivazione valida” per uscire, spesso legata al consumismo.

Quando il libro è stato pubblicato in Olanda, subito prima che scoppiasse la pandemia di Covid, in Italia era stato appena pubblicato il mio libro “I giusti” (2020), ed ero stato invitato a Milano per parlarne al festival di Iperborea “I boreali”. Due giorni prima, però, è stato cancellato, mi è dispiaciuto molto. In Olanda quando è uscito questo libro molti critici mi hanno detto “è vero, non possiamo viaggiare, ma almeno possiamo farlo con questi racconti”. Ora, dopo due anni di pandemia, sento che la nostra società è in grande pericolo, non solo per il contagio, ma anche da un punto di vista spirituale, perché viaggiare è aprire la propria mente, entrare in contatto con altri popoli, altre culture e altre civiltà. Viaggiare significa superare le barriere, in tutti i sensi. Se come società rendiamo quasi impossibile viaggiare, quasi come se fosse un crimine, diventa pericoloso per il futuro. Cosa faranno gli studenti che non potranno superare i confini? Io vengo da una generazione che ha scoperto altre città, altri paesi, altre culture, ha affinato il proprio spirito, proprio vedendo cose diverse in altri posti. Cagliari può anche non essere il posto più stimolante in assoluto, però quando ci torni ti rendi conto che non è così male, perché la vedi con occhi diversi. Viaggiare affina lo spirito, ed è molto preoccupante se non saremo più in grado di poterlo fare.

È possibile ancora oggi essere un flâneur?

Spero di sì. Spero di continuare non solo io, ma tutti quanti, che non si perda questa voglia di esplorare. E spero che la gente di Cagliari voglia venire a conoscere Amsterdam!

Oggi Cagliari è nella top ten delle “smart city” in Italia. Cosa ne pensa?

È una bella scelta, sono contento che sia nella top ten. È una città da scoprire, ricevo molte lettere dai fan che mi dicono che vorrebbero andare in un posto di mare, e dopo questo libro hanno scelto Cagliari. Io cerco sempre di consigliare dei posti che hanno uno spirito speciale, quindi non solo il museo più grande, per dirne una. Cerco sempre di trovare delle storie, non mi interessa raccontare la città, il mio obiettivo è quello di trovare delle storie. Sono un flâneur che cerca le storie, una sorta di detective di storie.

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