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La guerra in Ucraina ha fatto riesplodere la questione energetica, da anni uno dei crucci irrisolti della politica sarda. Le recenti affermazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi, intenzionato a fa riaprire le centrali a carbone, hanno riportato in alto le quotazioni del carbone sardo che fino a pochi mesi fa era dato in via di dismissione. Non si parla infatti solo delle due centrali di Fiumesanto e Portovesme, come noto alimentate da carbone di importazione, ma della miniera di Monte Sinni. La miniera “nera” del Sulcis Iglesiente – unica vera miniera di carbone italiana – è infatti al centro di una interrogazione della capogruppo di Forza Italia al Senato Annamaria Bernini e del senatore sardo Emilio Floris.

Nell’interrogazione indirizzata al presidente Draghi e ai ministri dello Sviluppo Economico e della Transizione ecologica, Giorgetti e Cingolani, i due senatori chiedono la riattivazione dell’unica miniera a carbone italiana la cui chiusura definitiva era prevista nel 2027 (l’attività estrattiva è terminata già nel 2018). Il potenziale estrattivo – evidenziano Bernini e Floris – ha una potenzialità di circa 25 tonnellate di carbone.

Chi invece non pensa assolutamente che il futuro dell’energia in Sardegna sia il carbone è Luigi Sbarra. Il segretario nazionale della Cisl è infatti intervenuto oggi ad Arborea al XIII Congresso regionale del sindacato. “Io penso che nella transizione energetica il carbone non sia il futuro – ha detto stamattina Sbarra -. Noi dobbiamo puntare molto sulle nuove tecnologie, sui combustibili verdi. Penso che si debba fare una scelta ancora più forte sul gas, per alzarne la produzione e puntare decisamente sulle fonti rinnovabili. Anche da questo punto di vista, insieme all’impegno nazionale, serve un tavolo di confronto tra la Regione Sardegna e le parti sociali”.

Il piano di metanizzazione

Secondo la Confindustria sarda la crisi internazionale non deve ritardare quanto piuttosto accelerare il processo di metanizzazione della Sardegna. ”Occorre evitare di perdersi ancora una volta nel ripercorrere sterili polemiche sulle responsabilità ed opportunità di scelte compiute o subite in un passato più o meno recente, che rischiano di rinviare sine die, fino a renderle irraggiungibili, soluzioni che la Sardegna attende da oltre cinquant’anni per riequilibrare una diseconomia storica con l’Italia e con l’Europa”, si legge in una nota degli industriali -. Al di là della drammatica crisi auspicabilmente congiunturale, anche la Sardegna ha il diritto e la necessità di disporre della risorsa gas e dell’energia termica indispensabile per la competitività di tante produzioni ed attività e per la parificazione dei diritti dei cittadini sardi. In tempi rapidi e certi. La metanizzazione della Sardegna è perfettamente coerente e compatibile con la promozione, soprattutto nella fase di transizione, delle energie rinnovabili e con l’esigenza di diversificare i paesi di approvvigionamento. Ferma restando la necessità di risolvere il problema ancora aperto della perequazione delle differenti condizioni strutturali e tariffarie per la disponibilità del gas nei diversi territori dell’isola, è fondamentale che venga comunque varato il Decreto alla firma del Presidente Mario Draghi per dare finalmente un primo avvio agli interventi per la metanizzazione di competenza statale necessari per la sostenibilità economica, occupazionale e ambientale della Sardegna”.

Dello stesso avviso Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, che ribadiscono con forza la necessità che il decreto Sardegna venga firmato al più presto per consentire la metanizzazione dell’Isola. “Se ne discute da mesi ed è stata già sollecitata la necessaria modifica sulla perequazione tariffaria – hanno detto i segretari regionali Francesco Garau, Marco Nappi e Pierluigi Loi – perciò procrastinare ulteriormente rischia di escludere la Sardegna dalle scelte strategiche contingenti e dal percorso di transizione che, come ha ribadito il presidente Draghi, sarà comunque incentrato sull’utilizzo del metano oltre che sul mix di rinnovabili.

“La tempistica sull’arrivo del metano in Sardegna è infatti urgente, sia per le riconversioni dei siti di produzione da realizzare entro il 2025, sia per il rilancio dell’intera filiera industriale e produttiva nell’isola”. Non a caso i segretari ribadiscono che “minare il processo di decarbonizzazione ci farebbe fare un vergognoso balzo indietro nel tempo mentre al pari del resto d’Italia è indispensabile attuare finalmente la metanizzazione e, contestualmente, ragionare sui progetti legati alla produzione di idrogeno e al necessario mix di rinnovabili”.

In questa ottica, fermo restando il mantenimento di una opportuna produzione termoelettrica a gas e la necessaria implementazione e sviluppo della rete di trasporto e distribuzione del gas naturale in tutte le nostre comunità, nell’industria, nei servizi, negli usi civili, Filctem, Femca e Uiltec auspicano “che si apra un confronto fra Cgil Cisl e Uil confederali, la Regione e il Governo per arrivare a un accordo di programma complessivo sulla transizione energetica della Sardegna”. Secondo i sindacati infatti è necessario promuovere una strategia che garantisca l’opportuno mix energetico e sia fondata sullo sviluppo delle nuove tecnologie: il riferimento va alle fonti rinnovabili e agli accumuli, in particolare idroelettrici e di pompaggio, alla produzione e utilizzo dell’idrogeno per tutti gli usi energetici.

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