Il “Patto del grano” per rilanciare la cerealicoltura sarda dando dei punti fermi al settore che più di tutti sta subendo le fluttuazioni del mercato più aleatorio della storia a causa delle speculazioni. È stato siglato questa mattina a Cagliari tra Coldiretti Sardegna e il molino Casillo per il tramite del Consorzio Agrario di Sardegna.

Si parte da due certezze: prezzo minimo garantito per tutti e pagamenti immediato. Due pilastri in un mercato senza regole in cui gli agricoltori sono in balia delle speculazioni internazionali, con prezzi che salgono e che potrebbero crollare per dinamiche incontrollabili, come lo sblocco definitivo del mercato Ucraino e l’arrivo del grano dal Canada (mercati di riferimento per le importazioni) che incidono pesantemente sull’equilibrio del mercato interno.

In questo sistema fatto solo di incertezze il “Patto del grano” garantisce un prezzo minimo garantito. Si parte da 51 euro a quintale per tutti, un prezzo che potrà solo salire. Dall’altra il pagamento immediato che mette al sicuro i cerealicoltori da un mercato fluttuante in cui il prezzo potrebbe modificarsi da un momento all’altro per dinamiche lontane dalle logiche locali e dunque incontrollabili.

“A sette giorni dall’immissione della fattura paghiamo il grano al cerealicoltore – afferma Vito Savino, responsabile Casillo in Sardegna -, inoltre con questo accordo siglato con la Coldiretti, avremo un prezzo minimo garantito per tutti, 51 euro i.c. al quintale”.

Il grano, grazie alla collaborazione del Consorzio Agrario della Sardegna, “potrà essere conferito in tutta la Sardegna nei nostri centri di ammasso – afferma Dario Cadau del Consorzio agrario -: a Macchiareddu, Dolianova, Sestu, Villasor, Sardara, Senorbì, Tuili, Sanluri, Mogoro, Sassari nell’azienda Runchina”.

Il grano quest’anno sta raggiungendo prezzi record mai toccati prima, con aumenti di quasi il 90% rispetto allo scorso anno quando è stato pagato in media al produttore a circa 27 euro al quintale. Aumenti che non garantiranno maggiori margini all’agricoltore che ha già prodotto con costi elevatissimi: i concimi sono aumentati del 170%, il gasolio del 130% per fare qualche esempio, di prodotti che sono stati già investiti per produrre il grano, a dimostrazione del periodo di forte incertezza che si sta vivendo in cui i costi stanno lievitando in maniera spropositata e incontrollata.

“L’incertezza del Covid prima e quella della guerra in Ucraina dopo – afferma il presidente di Coldiretti Cagliari Giorgio Demurtas – ha creato tanta incertezza intorno al grano. Le due emergenze mondiali sono anche strumenti utili per gli speculatori per fare business dalla caduta o rialzo dei prezzi delle materie prime. Per questo diventano fondamentali i due pilatri del Patto del grano, prezzo minimo garantito e pagamento immediato”.

“Da 100 anni il Consorzio Agrario di Sardegna garantisce l’ammasso con i suoi centri di stoccaggio su tutta la Sardegna dando un servizio insostituibile agli agricoltori soprattutto in questo momento di forte incertezza” afferma Giancarlo Picciau presidente del Consorzio Agrario di Sardegna.

Ma secondo Coldiretti Sardegna, queste grandi emergenze mondiali, ed in particolare la guerra in Ucraina hanno fatto emergere l’importanza e la centralità del cibo e dunque quella di produrla nelle proprie terre. “Insieme all’Anbi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, abbiamo studiato il progetto di Ri-coltivare la Sardegna, produrre cereali e proteine in 100 mila ettari di terra già infrastrutturati per l’irrigazione ma oggi non utilizzati – afferma il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -. Progetto che consentirebbe di acquisire una certa autonomia produttiva e limitare le speculazioni soprattutto se legato ad accordi di filiera tra agricoltori e allevatori, tra l’altro incentivati dal Pnrr dove sono previsti per questi accordi 1,2 miliardi di euro”.

“In questo modo oltre alla produzione di cibo sano e garantito – afferma Giorgio Demurtas – si creerebbe un enorme valore aggiunto per la Sardegna, terra vocata alla coltivazione dei campi, basti ricordare che tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 la Sardegna era la seconda regione dopo la Sicilia in cui si coltivava più frumento duro in Italia: 158.000 ettari (oggi siamo intorno aio 30mila) su 1,29 milioni totali nazionali (il totale nazionale è ancora oggi pressoché simile)”.

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