“L’azione portata avanti dalla Polizia Penitenziaria contro l’ingresso di marijuana, hashish e telefonini nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta è particolarmente importante e rende palese la necessità di una sempre maggiore attenzione verso i soggetti più fragili che vivono dietro le sbarre. Il mercato della droga e quello dei farmaci in una realtà così complessa abbassa i livelli di sicurezza e compromette il reintegro sociale”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” facendo osservare che “la presenza di sostanze stupefacenti in un ambiente dove si registra un numero elevato di tossicodipendenti e di persone con disturbi psichici condizione pesantemente lo svolgimento di attività trattamentali”.

“La realtà detentiva, soprattutto nelle Case Circondariali come quella di Cagliari, in particolare nella sezione maschile, annovera – sottolinea Caligaris – molti individui con un curriculum vitae legato al mondo dello spaccio e dell’uso di sostanze psicotrope, spesso cocaina o anfetamine. Si tratta perlopiù di giovani, alcuni appena maggiorenni, che, proprio in virtù di un’esperienza protratta nel tempo fuori dal carcere, vivono il percorso di espiazione della pena in modo del tutto passivo. Rendendosi apatici alla vita detentiva, trascorrono le giornate perlopiù sulle brande e chiedono soltanto di poter usufruire di “gocce” per non sentire il peso della propria esistenza”.

“Anche gli sforzi di creare per loro un’alternativa nelle Comunità di Recupero non sortisce spesso un esito positivo proprio perché è assente quella volontà di riscatto sociale che è indispensabile per poter aspirare alla libertà dalla dipendenza. Accade quindi che, dopo un periodo in Comunità, fanno ritorno in carcere dove ricominciano a fare uso di farmaci se non di altro. Purtroppo per chi lavora in un Penitenziario la situazione è molto pesante anche perché molti di questi ragazzi sono abbandonati dalle famiglie, a causa dei continui ricatti o intemperanze a cui sottopongono i parenti, e praticano atti di autolesionismo. Insomma l’azione di contrasto alla presenza di droga in carcere è molto importante occorre però – conclude l’esponente di SDR – incrementare il numero delle strutture per tossicodipendenti e pazienti in doppia diagnosi. Le carceri non sono certo luoghi di cura e bisogna sempre più rendersi conto che nei prossimi anni il fenomeno della devianza legato alle tossicodipendenze è destinato a moltiplicarsi, purtroppo. Un plauso agli Agenti della Polizia Penitenziaria ma non lasciamoli soli”.

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