Chi sei, e cosa fai nella vita? Come nasce questo progetto, e quali finalità ha?

Il mio background professionale è legato alla consulenza e assistenza legale, che ho praticato nei miei anni trascorsi a Milano ed in seguito a Londra e Malta. Nel 2017 ho lasciato Londra e la sua contagiosa energia per tornare a vivere in Sardegna. Dopo più di dieci anni vissuti lontano dall’isola, mi sono accorta di quanta bellezza giace in questa terra e di come sia ignorata. Parlo delle numerose cattedrali romaniche ancora poco considerate, capolavori dell’architettura contemporanea sconosciuti ai più, edifici storici dimenticati, o artisti locali con una voce forte ma ancora da scoprire. In breve ho sentito l’esigenza personale di tracciare un profilo inedito della Sardegna, individuando trame artistiche e percorsi culturali che andassero aldilà dei beni archeologici cari al grande pubblico o dell’immagine stereotipata del folklore tradizionale. Così è nato De Rebus Sardois, prima come profilo instagram poi come piattaforma editoriale ed infine curatoriale.

Ci sono due cose che colpiscono nella tua ricerca: la volontà di recuperare la memoria, e la ricerca continua del bello.

La rievocazione del passato nasce sicuramente da una passione personale per la storia e interesse per l’architettura, design e arte del Secondo Novecento. Per la ricerca dei contenuti mi piace ricercare tra vecchie pubblicazioni, scoprendo e imparando sempre qualcosa di nuovo: misteriosi siti archeologici megalitici, piccoli musei di grande interesse, edifici abbandonati, ma ancora ricchi di fascino.  Il progetto De Rebus Sardois si è rivelato un viaggio appassionante che mi ha portato a conoscere, in primo luogo, tante architetture realizzate in Sardegna dai più grandi maestri, come le ville di Cini Boeri, Jacques Couelle, Dante Bini, Marco Zanuso e Vico Magistretti (giusto per citarne alcuni). Anche nella scena artistica contemporanea ritrovo un grande fermento, soprattutto tra gli artisti locali. Un esempio è quello rappresentato dal duo Montecristo Project con cui di recente abbiamo curato un evento nel paese di Sedini, tra le rovine della chiesa di San Nicola di Silanis e il Giardino Incantato dello scultore Paolino Sanna (mio prozio). Ci sono tante risorse culturali non ancora esplorate nell’isola che meritano di essere raccontate e valorizzate. A me piace farlo tramite la condivisione di immagini cariche di suggestioni: spesso le stesse sono fonte di ispirazione per lo sviluppo di nuovi progetti e spero che lo stesso valga per chi mi segue.

Un altro aspetto interessante è l’uso intelligente ed efficace dei social network per raggiungere un pubblico vasto e farlo discutere di temi profondi: sei consapevole di essere un esempio? E speri che questo modo di fare cultura si possa replicare?

I social network sono degli strumenti democratici che permettono a chiunque di creare dei contenuti e coinvolgere potenzialmente un gran numero di persone. Tale aspetto, insieme ad un utilizzo ragionato, li rende un’ottima opportunità per la crescita di un brand culturale, ma anche per gli utenti che fruiscono liberamente di contenuti di loro interesse.

Non so se il mio progetto rappresenti un esempio, credo piuttosto che il format digitale da noi utilizzato sia un modello sempre più di tendenza. Sono molto diffusi, infatti, i brand dedicati alle tradizioni, lifestyle e cultural heritage legati ad un specifico territorio.

Che ruolo ha oggi la cultura? E quale ruolo hanno oggi gli intellettuali in Sardegna?

La cultura è un segno distintivo del nostro Paese e gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e crescita economica, anche nella nostra isola. Mi sembra che in Sardegna si punti solo su bellezze naturalistiche, clima, mare, tradizioni ed enogastronomia. Per quanto siano meritevoli, come ho già detto, c’è molto altro. Ecco perché bisognerebbe promuovere di più quella parte di patrimonio culturale rappresentata dai borghi antichi, dall’architettura medioevale, dai parchi archeologici. Ma per diventare un motore per l’economia locale occorre un sistema turistico caratterizzato da organizzazione, risorse, competenze e collaborazione, elementi che nel nostro territorio delle volte mancano. Per quanto riguarda il ruolo degli intellettuali, non posso che pensare a Antonio Gramsci quando scriveva che “tutti gli uomini sono intellettuali… ma non tutti gli uomini hanno nella società la funzione di intellettuali”, solo chi sa “mescolarsi attivamente alla vita pratica, come costruttore, organizzatore, ‘persuasore permanente’” può ricoprire questo ruolo. La voce degli intellettuali sardi è forte ma non sempre influenza le coscienze e sa essere “costruttrice” nel dibattito pubblico.

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